da Milano
La legge sullaborto cè ma non si vede. La 194, insomma, non sarebbe applicata come un provvedimento dello Stato invece richiederebbe. Il capo daccusa è esplicito e viene dal Comitato nazionale di bioetica che, in un documento dal titolo «Aiuto alle donne in gravidanza e depressione post partum», punta il dito contro le strutture che dovrebbero tutelare la donna e non lo fanno. In particolare dovrebbero frenarne, laddove possibile, la decisione di abortire. Lattuazione delle disposizioni «che sincentrano sul concetto di aiuto alla donna da offrirsi nel momento in cui accede al colloquio previsto dalla normativa, avrebbero dovuto costituire laspetto unanimemente condiviso dellapproccio sociale e giuridico al problema, ma la loro attuazione è rimasta insufficiente».
Il Comitato poi si spinge nel particolare e individua le immigrate incinte come le persone più bisognose di sostegno. Una seria programmazione del dialogo con queste probabili future mamme, sia per gli aspetti medici, sia sociali e psicologici, serve a incoraggiare la donna ad abbandonare la scelta abortiva. Una strategia che deve valere a 360 gradi: il Comitato non giustifica neppure lopinione diffusa che tende a dare per scontato il ricorso allinterruzione volontaria della gravidanza in caso di pericoli per la salute psichica della donna.
Dal Comitato bioetico arriva dunque un forte richiamo a una piena applicazione della legge che riguarda la prevenzione, attraverso un ripensamento delle forme in cui avviene il colloquio tra la gestante e i consultori, affinché un sostegno non manchi anche a chi ha compiuto il passo dellaborto perché pure in questo caso «è necessario un supporto psicologico». Un invito che si sposa con i contenuti di unindagine conoscitiva sullattuazione della legge 194, presentata il mese scorso, in unaudizione alla commissione Affari sociali della Camera, da parte dei responsabili del Movimento per la vita. In essa si legge che «nell80% dei casi non solo alla donna non viene prospettata alcuna alternativa allaborto, ma non viene neppure chiesto il motivo della sua domanda per ottenere linterruzione della gravidanza». Si aggiunga che a «molte donne viene consigliato di interrompere la gestazione senza neanche un approfondimento del problema». Cè poi il dolente tasto delle urgenze: secondo questindagine lalto tasso di frequenza di improrogabili interventi dimostra la scarsa attenzione al problema e alla prevenzione. «La media nazionale delle urgenze è del 10%» considerata piuttosto alta «ma stupisce che ad essa contribuiscano la Toscana (2230 casi per un 27,7% di media nazionale) e lEmilia Romagna (2525 casi per un 29,4%)». Esistono poi molti casi in cui la diagnosi di anomalie o malformazioni si rivela errata e «la gravidanza della donna che abortisce per timore di malformazioni del figlio spesso non è affatto indesiderata». Un atto daccusa che completa la radiografia del Comitato di Bioetica su un tema tanto caro al ministro della Salute, Francesco Storace, e ai vari partiti di ispirazione cattolica che abitano la Casa delle libertà. Se infatti per Luca Volontè (Udc) «i nostri sospetti erano purtroppo fondati» anche i Verdi avallano le parole del Comitato. Luana Zanella, presidente dei deputati ambientalisti: «La legge deve essere migliorata e la maternità meglio sostenuta».
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