Addio al fattore campo In casa non si vince più

Se il Totocalcio e il Totogol non fossero alla canna del gas, i vincitori di domenica scorsa avrebbero portato a casa somme importanti in seguito al flop del fattore campo in Serie A: 7 pareggi e 3 vittorie esterne. Per i segni «1» una autentica ecatombe. Nessun giocatore ha fatto 14, per i 3 «13» appena 11.154 euro, jack-pot a quasi 500mila euro. Ma non si tratta di una casualità. Le vittorie interne non sono come i panda ma si riducono a vista d’occhio rispetto alla scorsa stagione: all’undicesimo turno del campionato 2005/06 erano 44, adesso sono scese a 37, in percentuale meno 20 per cento. Vale a dire che solo una partita su tre (ne sono state giocate 110 finora) finisce con il successo di chi dovrebbe sfruttare i favori del fattore campo, del pubblico amico, in una parola dell’ambiente. La riprova arriva dal Milan che non ha vinto neppure uno dei sei incontri disputati a San Siro: 4 pareggi e 2 sconfitte il suo score, roba da retrocessione. Nella classifica limitata alle gare in casa solo Livorno e Reggina hanno fatto peggio. È ancora più inquietante il fatto che appena tre squadre (Inter, Fiorentina e Atalanta) sono imbattute davanti al loro pubblico.
È la fine di un mito. E i motivi sono tanti. Innanzi tutto si gioca per vincere perché è minima la differenza fra pareggio e sconfitta: meglio rischiare, in soldoni una vittoria e due sconfitte valgono quanto tre pareggi. Ne sa qualcosa il Palermo, al quinto pari consecutivo, che resta invischiato a metà classifica. Quasi tutte le squadre si dispongono nello stesso modo dentro e fuori casa, un tempo erano più prudenti in trasferta. Inoltre, la pressione dell’ambiente s’è affievolita in molti stadi dove gli spalti sono spesso desolatamente vuoti.
La Fiorentina, vittoriosa sabato all’Olimpico, ha giocato in un ambiente asettico, addirittura ostile alla Lazio per la contestazione sempre più pesante di tanta tifoseria biancoceleste nei confronti del presidente Lotito. A sua volta la Sampdoria ha stravinto a Cagliari in uno stadio senza calore per la squadra di casa, e non solo per la squalifica della curva nord e il forfait della parte più vivace (in ogni senso) della sua tifoseria. Di tutt’altro tenore la situazione a Torino, Genova, specie sulla sponda genoana, Palermo, Milano e Firenze dove addirittura un cittadino su dieci va allo stadio. È come se a vedere Roma e Lazio andassero in 300mila.


Il calo del pubblico va di pari passo con i flop interni: solo un caso? Nello scorso campionato la media degli spettatori a partita è stata sotto quota 20mila, la metà di quanto si verifica in Germania, Inghilterra e Spagna; quest’anno la situazione è in progresso, ma di poco. E qui il discorso si fa più complesso perché coinvolge la vetustà degli impianti, uguali a quelli di mezzo secolo fa, e il problema della violenza che non è stata risolta dai provvedimenti governativi. Ne riparleremo.

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