Ahmad Jamal: una preghiera di gran classe

Franco Fayenz

La critica più attenta ha detto bene quando ha affermato che, dei mille concerti proposti durante l’estate scorsa dai festival italiani del jazz, il più bello lo ha offerto a Fano il pianista Ahmad Jamal in trio con James Cammack al contrabbasso e Idrees Muhammad alla batteria. Qualcuno ha azzardato che Jamal ha suonato il 2 luglio, giorno in cui ha compiuto 75 anni, festeggiato da tutti, e quindi si è trattato di una disposizione particolare. Ma al club Blue Note di Milano il celebre virtuoso, sempre con i due fedelissimi collaboratori, ha appena finito di eseguire undici concerti in sei giorni, uno più bello dell’altro, senza mai presentare lo stesso programma. Si è ricordato, è ovvio, del contenuto del suo recente cd After Fajr, dal quale ha tratto - ma con interpretazioni assai diverse - I’m Old Fashioned, My Heart Stood Still, Time on My Hands e Topsy Turvy; però si sono ascoltate anche versioni stupende di Poinciana, I Didn’t Know What Time It Was e di Bellows e In Search Of che sono composizioni sue.

D’altra parte, il grande successo del famoso trio era previsto e prevedibile, dal momento che la classica formazione jazz di pianoforte-contrabbasso e batteria l’ha fondata Jamal a metà degli anni Cinquanta con Israel Crosby e Vernell Fournier, e in seguito - pur cambiando nel tempo i comprimari - non l’ha più lasciata: con Cammack e Muhammad suona da molto tempo. Si noti che Jamal, al pari di Muhammad, è un musulmano nero-americano; After Fajr significa «Dopo la preghiera», ed è una preghiera di pace.

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