È una strage familiare dal movente indecifrabile quella avvenuta ieri mattina a Nuoro, mentre i tuoni del temporale che si stava abbattendo sulla città coprivano il rumore dei colpi sparati da un uomo contro la moglie, i tre figli, la madre e un vicino di casa, prima di suicidarsi.
Nessuno riesce a capire cosa possa avere scatenato la follia omicida di Roberto Gleboni, nuorese, operaio forestale di 52 anni, incensurato, esplosa ieri mattina nell'abitazione al pianterreno di via Ichnusa 5, dove viveva in affitto con la famiglia. Erano le sette quando Gleboni ha impugnato la sua pistola calibro 7,65 regolarmente detenuta e ha ucciso la moglie, Maria Giuseppina Massetti, casalinga, 43 anni, e la figlia Martina, di 26. Poi ha aperto il fuoco contro gli altri due figli, di 10 e 14 anni: per il più piccolo in serata è stata dichiarata la morte cerebrale, l'altro se la caverà. La mattanza è continuata anche fuori casa. Gleboni voleva eliminare pure sua madre, che vive in un palazzo poco distante. Mentre andava nella sua abitazione ha incrociato sul pianerottolo un vicino, che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e ha sparato anche a lui: anche per Paolo Sanna, 69 anni, proprietario dell'abitazione dove viveva la famiglia, è stata dichiarata la morte cerebrale. Poi è toccato all'anziana madre, Maria Esterina Riccardi, 84 anni, aggredita e ferita alla testa con un altro colpo di pistola. La donna non è in gravi condizioni. L'ultimo proiettile Gleboni lo ha riservato per sé, lasciando a chi resta il compito di trovare un perché a questa strage senza senso. Strazianti le urla di nonna Carmela, la madre di Giusy, accorsa con il marito sul luogo della strage: «Fiza mea, fiza mea» («Figlia mia, figlia mia»), si disperava la donna, che ha perso la figlia e due dei tre nipoti.
La tragedia ha sconvolto la città. Nessuno riesce capacitarsi dell'accaduto. Anche se i vicini parlano di una coppia che pareva affiatata, i due erano in via di separazione e sembra che lui da un po' vivesse con la madre. A carico dell'uomo, comunque, non risultano pregresse segnalazioni o denunce di violenze in ambito familiare. Gleboni era un dipendente di Forestas, il servizio forestale dei parchi della Sardegna, per cui guidava i mezzi. Era anche un sindacalista Cisl e amante degli animali. Da appassionato di armi per uso sportivo aveva il porto d'armi e deteneva una pistola. L'arma usata per sterminare la famiglia. Sentendo parenti e amici della coppia, gli inquirenti stanno cercando di capire il perché. Di certo c'è che Gleboni ha colpito tutte le vittime alla testa, come se ci fosse una determinazione ad eliminarle. Discordanti le testimonianze su di lui: se c'è chi lo descrive come un uomo buono e sempre disponibile, altri lo dipingono come «un maniaco del controllo che voleva gestire le vite di tutti». Qualcuno si spinge oltre: «Era un uomo aggressivo, che urlava spesso, insomma non era certo una situazione facile per i familiari e neanche per noi vicini. Sembrava prepotente e un po' esaltato». Di sicuro Martina aveva un'altra idea del suo papà. «A mio padre, l'amore più grande della mia vita», aveva scritto due anni fa nella dedica ai genitori sulla sua tesi di laurea. L'immagine della laurea con la corona d'alloro postata sui social dalla ragazza racconta di una famiglia unita.
C'è anche una foto che ritrae la 25enne e la madre che, aderendo ad una campagna di sensibilizzazione, mandano un messaggio contro la violenza sulle donne. I loro nomi, invece, sono finiti adesso nel lunghissimo elenco delle vittime di femminicidio.
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