Eliminato il capo dei droni. Pressing globale: "Tregua"

Ucciso il leader delle forze aeree. Netanyahu prima apre, poi ci ripensa. Abu Mazen: stop al genocidio

Eliminato il capo dei droni. Pressing globale: "Tregua"
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Arriva oggi al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite con gli occhi del mondo puntati addosso il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo aver detto no alla proposta di tregua di 21 giorni con Hezbollah in Libano, avanzata dalla comunità internazionale. Francia e Stati Uniti hanno sottolineato che l'offerta è nata «in coordinamento» con Israele, dopo un primo via libera dello Stato ebraico. Ma dopo che, in patria, l'alleato di estrema destra Itamar Ben Gvir ha minacciato l'uscita dall'esecutivo in caso di cessate il fuoco, il capo del governo israeliano ha promesso senza esitazioni, appena messo piede all'aeroporto Jfk di New York: «Continueremo a bombardare Hezbollah fino a che tutti i nostri obiettivi non saranno raggiunti». Le bombe israeliane continuano così a cadere sul Libano, arrivano fino alla capitale, colpiscono un altro dei grandi capi sciiti, con un raid mirato a Beirut che uccide il comandante delle forze aeree di Hezbollah, Muhammad Hussein Sarour. Il bilancio è di oltre un centinaio di morti in 48 ore, più di 1500 in quasi un anno di scontri al confine, secondo il governo di Beirut. Gli sfollati libanesi sono più di 90mila, ma anche nel nord d'Israele, in Galilea, la minaccia non si ferma. Una pioggia di 80 razzi è stata lanciata ieri dagli estremisti filo-Iran, angosciando gli israeliani che vivono non lontani dal confine, ma non sono stati evacuati come altri 60mila concittadini.

Il conflitto non si spegne né a Gaza, dove i morti sarebbero oltre 41mila, né sul fronte libanese, con i civili che fuggono a migliaia, una marea umana al centro di un nuovo dramma umanitario. Secondo le Nazioni Unite, dei 90mila sfollati libanesi 70mila sono interni e circa 30mila fuggiti all'estero, soprattutto in Siria. Il premier libanese, Nayib Mikati, ha esortato il Consiglio di Sicurezza Onu ad adottare misure contro Israele per le sue «pratiche brutali»: «Chi può garantire che simili attacchi non vengano lanciati contro altri Stati?».

Gli Houthi promettono sostegno a Hezbollah e il timore della comunità internazionale è di «una guerra totale» fra Israele e Libano, sulla quale ha messo in guardia il Segretario alla Difesa americano Lloyd Austin: «Potrebbe essere devastante», ha avvertito, mentre Washington ha garantito a Israele un altri aiuti per 8.7 miliardi di dollari, non senza un filo di speranza, riconoscendo che una tregua «potrebbe anche essere utilizzata per concludere un accordo e garantire un cessate il fuoco a Gaza».

Nel suo discorso all'Assemblea generale Onu, accolto da un lungo applauso, il leader dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, ha implorato la comunità internazionale di smettere di inviare armi a Israele. Un raid a Gaza ha colpito ieri l'ennesima scuola nel campo profughi di Jabalia: almeno 15 morti. «Fermiamo il genocidio» ha chiesto Abu Mazen, per cui Israele non merita di essere un membro dell'Onu.

Se Netanyahu dice di no alla tregua, Hezbollah vanta le proprie capacità militari. Secondo il gruppo sciita, il razzo Qader-1 lanciato mercoledì verso Israele era un missile balistico con una testata da 500 chili e una gittata di 190 kn.

È anche per spegnere questa arroganza che Israele prepara l'incursione via terra del Libano. «Adesso la priorità è prevenire il trasferimento di armi dall'Iran a Hezbollah», spiega il capo delle forze aeree, Tomer Bar. In Libano come a Gaza, per ora, la tregua sembra un miraggio.

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