Perché l«estraneo» ci fa paura? Il cinema incontra la psicoanalisi con «Estraneo e Familiare» (Spazio Oberdan, fino al 2 luglio, sempre alle ore 21), il nuovo ciclo di film proposto dalla collaborazione di Fondazione cineteca italiana con il Centro milanese di psicoanalisi «Cesare Musatti». Familiarità contrapposta ad estraneità, quindi, nella messa in scena della dialettica intrinseca dei due concetti, mediata dalla rappresentazione cinematografica. «Abbiamo scelto il tema - spiega Mario Martinetti, psicanalista e uno degli oranizzatori della rassegna - riferendoci al concetto di perturbante in Freud (nel rapporto tra estraneo e familiare si creano - anche - situazioni di angoscia, che nel bambino, per esempio, sfociano nel pianto), contestualizzandolo nella realtà sociale di oggi dove il macrofenomeno della globalizzazione e dei flussi migratori, ci ha messo a contatto con l'estraneo. Un estraneo comunque familiare che suscita la necessità di vedere ciò che realmente è estraneo e ciò che ci è invece familiare. In programma quattro film che hanno in comune la capacità di far emergere il tema nelle sue diverse articolazioni, dal passato ad oggi, seguiti da altrettanti incontri con esperti, per esplorare e interpretare la tematica in questione. «Dagli albori della nostra società - continua Mario Martinetti - il cucciolo d'uomo si confronta immediatamente con un'unica figura, la madre. Quando in questa diade s'inserisce il padre, al tempo stesso, estraneo e terza figura più familiare che apre il bambino al mondo, il piccolo ne ha paura e protesta, piangendo. Anche in ognuno di noi esiste una parte oscura, estranea, che ci sorprende e con cui dobbiamo fare i conti». Dopo Respiro di Emanuele Crialese, in programma Il terzo uomo (stasera, ore 21), il film del 1949 di Carol Reed sceneggiato da Graham Greene e interpretato da Orson Welles e Alida Valli, che fa emergere il «perturbante» dei protagonisti attraverso il confronto con le rispettive vicende esistenziali. Dopo la proiezione, Anna Ferrata parlerà di «Chi nascondiamo nel nostro sottosuolo oggi?». Giovedì 25 (ore 21) sarà la volta, invece di Niente da nascondere, premio Fipresci della Giuria e premio per la Miglior regia entrambi ottenuti al Festival di Cannes edizione 2005, diretto dal regista austriaco Michael Haneke, fresco di Palma dOro con il Il nastro bianco, film in bianco e nero di grande effetto, ambientato in un villaggio rurale della Germania Nordorientale alla vigilia dello scoppio del primo conflitto mondiale. Il film è interpretato da un cast stellare che vede sullo schermo Daniel Auteil, Juliette Binoche, Maurice Bénichou e Annie Girardot. Attraversando vicende varie, la storia recupera il passato del protagonista, presentatore di un programma televisivo che ha ricevuto dei video su di lui e la sua famiglia, ripresi di nascosto per strada. Il film sarà seguito dalla relazione di Giuseppe Civitarese che indagherà su «Come faremo adesso senza i barbari?». Chiude il ciclo Il volto, il bellissimo film di Ingmar Bergman del 1958, (giovedì 2 luglio, ore 21) che ambienta nellOttocento la storia di una compagnia di giro, guidata da un mago illusionista, chiamata a esibirsi di fronte a un gruppo di notabili.
Fra di loro un uomo di scienza deciso a smascherare i trucchi degli «artisti» .Dopo la proiezione, Francesco Barale parlerà de «Il volto apparente dell'altro», per mettere a fuoco lo scarto e l'ambiguità dell'«apparente volto che appare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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