Gli unici, veri colpevoli, della tragedia di Cutro, 94 migranti annegati compresi 35 bambini, sono i trafficanti, liberi e ricchi, in Turchia, dopo avere incassato 1 milione e 800mila euro dal viaggio della morte. Poi ci sono gli scafisti, due già condannati a 20 anni. Sul banco degli imputati è assurdo trascinare sei servitori dello Stato, 2 della Guardia costiera e 4 delle Fiamme gialle, accusati addirittura di naufragio e omicidio colposo. Forse non tutto sarà filato per il verso giusto, ma bollarli come presunti assassini con una richiesta di rinvio giudizio è frutto di strabismo giudiziario favorito dal volano mediatico con l'obiettivo politico di colpire il governo.
In questa terribile vicenda si dimentica sempre che la barca a vela, riempita di migranti che avevano pagato 9 mila dollari per la traversata, è naufragata per un solo motivo. La virata dello scafista al timone, quando ha visto le luci delle forze dell'ordine sulla spiaggia, perché temeva di venire arrestato una volta a terra. La manovra azzardata ha portato la barca su una secca, a 80-100 metri dalla costa, aprendo una falla. Il mare forza 4 ha fatto il resto condannando all'annegamento quasi 100 persone.
Il 5 luglio è stato condannato a 20 anni, il turco Ufuk Gun, addetto ai motori ed in febbraio hanno affibbiato la stessa pena a Mohamed Abdessalem, uno di sei scafisti a bordo. Non avevano mai chiamato, con il satellitare Thuraya a disposizione, i soccorsi in Italia, ma solo i trafficanti in Turchia.
Nella serata del 25 febbraio 2023 un aereo di Frontex individua per primo la barca a vela a 40 miglia delle nostre coste e lancia l'allarme. Il caso viene subito qualificato come operazione di «law enforcement», di polizia. Ovvero non si sapeva che ci fossero a bordo così tanti migranti e si sospettava che il caicco potesse trasportare altro, magari droga o criminali armati. La stessa procura di Crotone, che ha chiesto il rinvio a giudizio, non contesta la classificazione «law enforcement». Questo significa, però, che non c'è mai stata un'attivazione per evento Sar, di ricerca e soccorso, con tutt'altre procedure. «Si tratta di un sinistro marittimo che si è trasformato in naufragio per colpa dello scafista al timone. Incolpare il personale in servizio è assurdo», sottolinea una fonte del Giornale in prima linea sul mare. Nella notte fra il 25 e 26 febbraio la Guardia costiera informa da Roma il centro di coordinamento regionale di Reggio Calabria, che fa riferimento alle Fiamme gialle trattandosi di «operazione di polizia». La Guardia di Finanza, già allertata, invia delle unità navali, che non riescono a raggiungere la barca e poi rientrano a causa delle condizioni meteo. Il caicco continua a navigare, nonostante il mare mosso, fin sotto costa. La Guardia costiera ha messo a disposizione le sue motovedette, ma non vengono richieste dai finanzieri. E anche se fossero uscite, raggiungendo il caicco, non ci sarebbe mai stato il trasbordo a causa del mare forza 4.
L'accusa punta il dito sulla «negligenza» del personale coinvolto, ma «hanno seguito la procedura prevista non potendo immaginare che ci sarebbe stato un naufragio, per di più provocato dallo scafista». I finanzieri, come si capisce dagli atti, avrebbero, in seguito, manipolato il giornale di bordo dell'unità uscita in mare per coprirsi le spalle. Sicuramente da sanzionare, ma gli inquirenti fanno di tutta l'erba un fascio puntando il dito in maniera indiscriminata contro gli indagati come se fossero responsabili della strage provocata da un delinquente al timone e dai trafficanti che hanno fatto salpare i migranti dietro lauto compenso. Oltre alla gogna giudiziaria e mediatica i 6 servitori dello Stato dovranno pure pagarsi gli avvocati. Un disastro, di riflesso, su tutto il personale in servizio, che sarà terrorizzato di fare il proprio dovere.
Gli avvoltoi già cavalcano la richiesta di rinvio a giudizio. Elly Schlein, leader del Pd, in compagnia di Luca Casarini, sotto processo a Ragusa per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, puntano il dito contro il governo, vero obiettivo.
Il novello chierichetto di Mediterranea si chiede «quando vedremo processati i responsabili veri di queste condotte cioè i ministri (leggi Salvini e Giorgetti ndr) e non saranno più solo gli esecutori degli ordini a pagare». Ovviamente non c'era alcun ordine di abbandonare i naufraghi. Gli accusati sono dei «capri espiatori», secondo il sindaco di Cutro, agnelli sacrificali di un tritacarne mediatico, giudiziario e politico.
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