Allarme bomba a Monaco Aeroporto chiuso per un pc

FoggiaDice che la notte è trascorsa serena. «Nessun incubo», assicura, sotto gli occhi della madre e del padre nel salotto di casa a Lucera, 35mila abitanti, diciotto chilometri da Foggia. Poi lei, la ragazza di 14 anni rimasta in ostaggio per sette ore in un negozio, parla del sequestratore, Massimiliano Credico, 35 anni, pregiudicato con problemi psichici. «Lo devo perdonare? No, mi ha fatto stare con il coltello alla gola tutto il tempo, io non gli avevo fatto niente e lui mi poteva anche uccidere».
Il giorno dopo l’incubo, spazzato via in pochi istanti dal blitz dei reparti speciali dei Nocs, la voce della ragazza è tranquilla: quando gli agenti hanno fatto irruzione si è messa a correre, qualcuno l’ha avvolta in una coperta e l’ha sistemata sull’ambulanza diretta in ospedale dove è arrivata in stato di choc. Prognosi di quattro giorni, niente di grave: ha abbracciato i genitori ed è subito tornata a casa. E adesso trova la forza di raccontare. «Ho avuto paura», dice ora che è davvero tutto finito. «Il momento peggiore – aggiunge – è stato quando il sequestratore mi diceva che mi tagliava gli occhi e quando mi ha colpito alla testa con il coltello».
Il terrore è alle spalle, cancellato dalla serenità ritrovata in casa con mamma e papà. Siede su un divano rosso, la luce del sole filtra attraverso una tenda azzurrina e illumina il volto sereno, i capelli neri sono raccolti in una coda, la voce non si piega all’emozione. La 14enne spiega come è andata, riferisce delle minacce, di quelle lunghe, interminabili ore vissute sotto la minaccia di un coltello puntato alla gola. «Lui farneticava - racconta - e straparlava della Mussolini, diceva che voleva incontrarla personalmente. Non si fidava di sentirla al telefono», aggiunge.
Il momento più delicato è stato all’inizio. Lei era con tre amiche, a scuola c’era stata assemblea e così avevano deciso di farsi una passeggiata. Erano le 11 quando si sono fermate in piazza Salandra, un angolo del centro storico che si apre alla fine di via Gramsci, proprio a pochi passi dalla cattedrale. Stavano guardando la vetrina di un negozio di articoli da regalo con una grande insegna azzurra: «Curiosando». All’improvviso è spuntato il folle, le ha puntato il coltello alla gola, l’ha trascinata all’interno e ha urlato: «Chiamate la polizia». Lo aveva già fatto: il 6 maggio di tre anni fa Credico prese in ostaggio una donna di 34 anni al terzo mese di gravidanza in un centro commerciale alla periferia di Lucera: fu arrestato e condannato in primo grado a quattro anni, ma in appello la pena è stata ridotta e il 13 novembre scorso è tornato in libertà.
«Mi ha tenuto sempre il coltello puntato al volto», racconta la ragazzina. Che rivela il tentativo di distrarlo durante la trattativa. «Il figlio di un poliziotto mi inviava messaggi sul telefono cellulare, mi è stato detto di far finta di svenire, io ho tentato ma il sequestratore mi ha detto “se chiudi gli occhi te li chiudo io per sempre”. Gli sms che mi mandava un mio amico – aggiunge la 14enne – mi hanno dato coraggio, là vicino poi c’erano gli agenti che lo facevano parlare». E quando il sequestratore ha avuto un momento di cedimento è scattata l’irruzione. I reparti speciali si sono intrufolati nel negozio: hanno agito in tre, appena lui ha abbassato il coltello gli sono saltati addosso e lo hanno immobilizzato. Tutto è durato pochi secondi, Credico non ha avuto il tempo di reagire, la ragazzina si è messa a correre verso l’uscita mentre all’esterno decine di persone incollate alle transenne attendevano la fine dell’incubo.
«Speriamo che non esca dopo qualche mese», dicono a Lucera, dove la grande paura è passata ma la rabbia rimane.


Intanto, la quattordicenne legge i giornali vicino al padre, stringe tra le mani un cuscino con l’immagine dell’attore Gabriel Garko, ringrazia gli agenti e rivela che da quando è stata liberata ha ricevuto «160 richieste di amicizia su Facebook». La madre è accanto a lei, racconta quelle ore terribili. «Quell’uomo deve rimanere in galera o in manicomio, non devono farlo uscire».

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