Le ultime discussioni su niqab e burqa rischiano di far luce solo un aspetto parziale. Religioni e diritti della persona, questo è il (vero) problema, specie quando i soprusi sono di natura innanzitutto fisica. In Italia si contano oltre 40mila donne vittime di infibulazione, una cifra da record in Europa. Secondo una stima del ministero della Salute, riportata oggi a Milano durante il lancio della campagna di sensibilizzazione promossa dal Comune, la più intima forma di violenza segna la vita di oltre 90mila donne, tra quelle già «marchiate» oppure a rischio.
Nel bilancio dell'infibulazione già subita o potenziale, non entrano soltanto le donne adulte (si contano 26mila over 40) e maggiorenni (più di 60mila tra i 19 e i 40 anni), ma anche 400 bambine e 3.500 ragazze dai 14 ai 18 anni (3.500).
Milano è una delle città lombarde con la più alta concentrazione di donne infibulate. Da qui la decisione dell'amministrazione di scendere in campo. Lo slogan su cui ruoterà la campagna è «Insieme per dire mai più» e campeggerà su mille manifesti formato 70x100 che verranno affissi in tutta la metropoli. L'iniziativa alla vigilia della Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (sabato 6 febbraio) che propone l'intangibilità del corpo femminile tra i diritti umani irrinunciabili e inalienabili.
A Milano, spiegano dall'assessorato alla Salute del Comune, «viene praticata in cliniche abusive, da figure simili a "stregoni", in rifugi clandestini ma soprattutto in casa. I casi riscontrati sono oltre 300 in pochi mesi». Incubo sommerso, anche perché è difficile far uscire allo scoperto le vittime di queste pratiche.
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che nel mondo sono già state sottoposte a infibulazione 130 milioni di donne e che 3 milioni di bambine sono a rischio ogni anno. Le vittime in Europa sarebbero 500mila. Poche ancora le strutture che si occupano di mutilazioni genitali femminili: secondo una ricognizione del Ministero della Salute datata 2007, sono 43, concentrate in 13 regioni. E soltanto in Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Sardegna è possibile praticare la deinfibulazione, cioè quella procedura chirurgica che consiste nel riaprire la ferita e ricostruire i tessuti mutilati.
In Italia l'infibulazione è un reato contro la persona, riconosciuto con una legge molto recente (2006). Nel 2008 è arrivato anche il divieto dal governo egiziano che punisce i trasgressori con due anni di carcere e una pena pecuniaria fino all'equivalente di 600 euro.
L'emergenza riguarda anche il piano sanitario. «La lotta contro le mutilazioni genitali - dichiara l'assessore milanese alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna - è una battaglia per la salute e il benessere psicofisico della persona.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.