Allevatori di trotto alle urne per evitare una scissione

Ricordate il macabro ritornello cantato in coro sulla nave dei pirati: «Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto! E una bottiglia di rum» , questo refrain mi ricorda ciò che sta accadendo oggi attorno all’Unire, il Coni dell’ippica. Pare vi siano progetti di riforma legislativa, del resto anticipati dal ministro De Castro in una intervista, con la formuletta: «un pizzico di privatizzazione...». Dopo l’esperienza della riforma del ’99, pomposamente definita: «Legge di riordino dell’Unire», con il risultato che di fatto ha reso completamente ingovernabile l’Ente. La serie infinita di commissariamenti ne è la testimonianza palese. Breve riassunto: un volta e per tanti anni l’Unire era un Ente autonomo che provvedeva al proprio autofinanziamento con le concessioni alle agenzie ippiche e con una rete esterna dedicata alla Tris che raccoglieva oltre un miliardo di euro! Strutture dalle quali traeva le risorse per il proprio funzionamento, per il montepremi e per il finanziamento degli ippodromi, con inoltre, alle sue dipendenze quattro Enti tecnici uno per ogni branca di specialità. Il «riordino» di cui sopra, che ha scippato la cassa all’Unire traslandola al ministero dell’Economia, al posto di abolire l’Unire e potenziare la funzione tecnica, l’unica rimasta all’Ente, ha abolito i quattro Enti tecnici accorpandoli all’Unire. E da qui inizia il calvario della vita dell’Unire, verso una lenta e probabile dissoluzione. Vi è del fermento attorno ad una ipotetica modifica legislativa dell’Unire, senza che nessuno abbia spiegato alcunché: quale tipo di modifica si vuole perseguire e, soprattutto, per arrivare dove? L’accenno al pizzico di privatizzazione del ministro cosa vuole dire? Ammesso che sapesse e volesse dire qualche cosa? Quale tema di confronto suggerirei questa riflessione: qual è attualmente il modello in Europa, che meglio ha funzionato e sta ancora funzionando bene? Senza ombra di dubbio il sistema francese (dal quale era mutuato in partenza il nostro), continuando a dare grande impulso all’allevamento, ammesso che l’allevamento sia ancora la mission dell’Unire. Perché, alla luce del sole, al di fuori dei soliti interventi di corridoio che, visti i risultati, dovrebbero fare riflettere, non si apre un dibattito con la partecipazione di tutti, ripeto tutti, su cosa gli ippici chiedono al governo e su cosa il governo potrà fare dopo i danni arrecati con le riforme fatte con i sistemi di cui sopra? È il miglior servizio che gli ippici possono fare all’ippica al posto di questa guerra continua di tutti contro tutti.
A questo proposito, sabato si svolgeranno le elezioni Anact, auguro di cuore che si possano tenere in un clima di serenità e che le minacce più o meno larvate di dissidenze in caso di risultati non graditi possano e debbano rientrare. Questo purtroppo, è quanto alcuni squallidi personaggi vanno sostenendo ai quattro venti, senza rendersi conto del danno che stanno facendo in primo luogo a se stessi ed al settore dal quale traggono ed hanno sino ad oggi tratto i mezzi per vivere, anche con una certa larghezza.

Una buona regola è imparare a non sputare nel piatto dove si ha sempre mangiato, come ho già avuto modo di dire: gli allevatori sapranno preservare il patrimonio morale dell’associazione con la scelta di persone di chiaro stampo allevatorio e non portatori di altri interessi, a maggior ragione nell’attuale situazione di grande confusione e difficoltà.
* Consigliere dell’Anact (Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore)

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