Massimo Restelli
da Milano
Banca Popolare Italiana rischia di vedere allargarsi il concerto su Antonveneta. La Guardia di finanza ha infatti passato al setaccio lazionariato padovano dove mancherebbe allappello un altro 2% del capitale: poco meno di 6 milioni di titoli, circa 145 milioni il controvalore, finora sfuggiti al sequestro deciso dalla Procura.
Percentuali polverizzate tra molti investitori ma che inducono gli inquirenti, riunitisi dopo la pausa estiva, a ipotizzare ununica regia vicina al patto di sindacato (40% del capitale) che riunisce Bpi, Hopa, Danilo Coppola, i fratelli Lonati e Stefano Ricucci. Dubbi che circondano anche il primo pacchetto fantasma scoperto la scorsa settimana e che è risultato riconducibile a Marco Sechi. Un imprenditore lodigiano con interessi nellimmobiliare-alberghiero (Italia, Spagna, Principato di Monaco ed Est Europa), già socio di Lodi (0,5%) e presidente dellassociazione Ue di categoria (Apie).
Nel frattempo a Lodi lad Giorgio Olmo continuava a preparare lincontro con Bankitalia: lintento è uscire dal labirinto Antonveneta con un compromesso «non invasivo» per il gruppo. Il summit sarebbe in agenda oggi o domani mattina così da verificare gli umori della Vigilanza sul destino della doppia offerta, ora sospesa, costruita da Gianpiero Fiorani per fondere Bpi con Antonveneta e sulla discussa cessione delle partecipazioni di minoranza. Nodo questultimo su cui stanno lavorando anche i Pm che avrebbero messo nel mirino almeno 8 manager delle banche straniere acquirenti.
Laddove Via Nazionale considerasse decaduta lOpa obbligatoria, Bpi illustrerebbe ad Antonio Fazio (venerdì mattina cè il Cicr) le strade per uscire dallimpasse coinvolgendo un soggetto esterno: italiano o estero. Subito dopo Olmo tornerà a Lodi dove entro giovedì si riunirà il consiglio per ascoltare lesito dei contatti avviati dai consulenti di Dresdner e Lazard con i potenziali acquirenti: da Rbs a Bnp fino a Intesa mentre Popolare di Verona ha escluso ogni interesse.
La soluzione più semplice rimane passare la mano agli avversari di Abn Amro, che controllano il 30% di Padova e hanno aperto da giorni un «canale diplomatico».
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