In Araucania, dove le suore sembrano pinguini

In Croce del Sud Claudio Magris racconta le vicende di tre figure accomunate dal desiderio di migliorare le condizioni dei mapuche, il popolo che abita l'Araucania.

In Araucania, dove le suore sembrano pinguini

L'Araucania esiste davvero: contigua alla Patagonia di Chatwin, posta a cavallo fra Cile e Argentina, è una terra dove le popolazioni hanno subito periodici genocidi da parte degli europei. Con senso non disperato del tragico e umano gusto per il ritratto, in Croce del Sud (Mondadori, pagg. 122, euro 15) Claudio Magris racconta le vicende di tre figure accomunate dal desiderio di migliorare le condizioni dei mapuche, il popolo che abita l'Araucania.

Il primo, Janez Benigar, nasce a Zagabria. Il certificato di ingresso in Argentina, del 1908, gli dà dell'operaio, ma ha letto Rousseau e Lévy-Bruhl ed è quasi un professore. Le città non fanno per lui: «Ciò che voi chiamate civiltà l'ho conosciuta bene da giovane e se l'ho abbandonata ho motivi validi. Tra i principali è la convinzione che non si tratta di civiltà». In Araucania sposa una nobile mapuche, Sheypukíñ, che gli darà 12 figli. Anche la seconda moglie è una mapuche. Lascia una quantità di carte dalle quali si ricava l'immagine di un appassionato glottologo dilettante, etnologo, storico e attivista politico. Fa bene Magris a invertire la cronologia: Benigar possiede una mente ancora positivista mentre il secondo biografato, Orélie-Antoine de Tourens, è un rappresentante di quel bizzarro Secondo Impero francese, anticipatore delle follie di fine secolo, di cui già Kracauer segnalò quanto fosse sottile la linea che separava la politica dall'operetta. Autoproclamatosi re di Araucania nel 1860, deciso a dare uno Stato ai mapuche, si imbarca assieme a due diplomatici esistenti solo nella sua immaginazione. Scrive la Costituzione con tutti i dettagli: «durante lo stato d'assedio non si può abbandonare il luogo di residenza senza passaporto». Peccato che molti araucani siano semi-nomadi; e poi chissà dove si trova, nelle foreste, lo sportello per richiedere il passaporto. La polizia cilena lo spedisce in un manicomio con la diagnosi di «idea demenziale perseguita con un comportamento ostinatamente logico», formula del resto applicabile all'intera umanità. Il terzo capitolo è dedicato alla piemontese Angela Vallese, una suora salesiana.

Quando nel 1880 giunge nella Terra del fuoco vestita con l'abito bianco e nero, gli indigeni le chiedono se per caso è un pinguino. Coperti da uno strato di grasso di foca e da una pelle di guanaco, a lei sembreranno invece «tanti San Giovanni Battista».

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