La struttura arcaica di un'antichissima domus cristiana è stata scoperta nell'oasi di Merv nel deserto del Turkmenistan, in Asia Centrale, da un archeologo veneziano: l'edificio risale alla fine del regno dei Parti (che terminò la sua esistenza nel secondo secolo dopo Cristo). Lo scopritore, appena rientrato in Italia dall'ultima missione, si chiama Gabriele Rossi Osmida, il quale ha individuato la chiesa paleocristiana incastonata nella struttura più antica di Haroba Kosht («Castello in Rovina», in lingua turcomanna), un rudere devastato dal tempo e da millenni di guerre (la distruzione definitiva si deve alle orde di Gengis Khan, nel 1221).
È una scoperta clamorosa. Ma l'edificazione di quel tempio cristiano così indietro nel tempo nel cuore dell'Asia centrale, come spiega Rossi Osmida in un'intervista pubblicata dal mensile telematico «Scienzaonline.com», trova riscontro nelle testimonianze registrate da alcuni testi del IV e VI secolo che parlano della predicazione dell'apostolo Tommaso (o dei suoi discepoli) nell'oasi di Merv, dove era giunto nella sua missione di evangelizzazione che infine sarebbe arrivata fino all'India.
Nel corso del restauro del «Castello in rovina» commissionato dal governo del Turkmenistan, la missione dell'archeologo italiano si è imbattuta prima in una croce nestoriana in bronzo e poi, in successione, sono emersi «diversi reperti di «ceramica sigillata» di notevole interesse che offrono un ampio ventaglio di simboli paleo-cristiani: croci, pani, pesci, uva, tralci, agnelli che si abbeverano, eccetera. «Con queste scoperte - afferma Rossi Osmida - ora non sussistono più dubbi: Haroba Kosht è stata la più antica chiesa cristiana dell'Asia Centrale».
In realtà, l'obiettivo principale affidato dal Governo del Turkmenistan a Gabriele Rossi Osmida, responsabile del progetto internazionale «Antica Margiana», era il recupero e restauro del monumento architettonico medioevale di Haroba Khosht, un complesso anomalo la cui struttura esce da ogni canone fin qui noto per il medioevo turkmeno; nemmeno ne era chiara la destinazione d'uso. Lo scavo era diventato ancora più difficile a causa dei danni devastanti provocati su quel sito da archeologi sovietici, i quali avevano rifiutato l'ipotesi che potesse trattarsi di una chiesa paleo-cristiana.
Ma il primo impianto è stato alla fine faticosamente identificato dall'archeologo italiano: «Non era molto ampio - spiega Rossi Osmida - e riflette il sistema delle cosiddette "chiese a sala" diffuse in Oriente nei primi secoli della nostra era. Un secondo impianto, più massiccio, risale all'arrivo di un nucleo cristiano nestoriano a Merv (V secolo) che, come rileviamo da documenti dell'epoca, costruì una basilica nella cittadella e un monastero (il nostro «Castello in rovina») accanto al palazzo reale sasanide. Gli antichi documenti ci trasmettono anche il nome del fondatore: Bar Gheorghys».
I Nestoriani abbracciavano l'eresia di Nestorio, patriarca di Costantinopoli fra il 428 e il 431, il quale attribuiva a Cristo due nature distinte, l'umana e la divina. Con l'uccisione dell'ultimo re sasanide (nell'anno 652), privi della protezione reale e perseguitati dagli zoroastriani, i Nestoriani abbandonarono il sito riparando in Siria da dove vennero richiamati sul finire del X secolo dagli arabi Abassidi che cercavano, loro tramite, di favorire la distensione con la vicina Bisanzio. Questa politica fu accentuata dalla dinastia turca dei Selgiuchidi, che provvide a un restauro massiccio del monastero e, grazie ai Nestoriani, instaurò un rapporto privilegiato con la Repubblica di Venezia.
«A quell'epoca - spiega Rossi Osmida - Merv era la più grande città del mondo (contava ben 200.000 abitanti), ricca di palazzi e monumenti di cui oggi si ammirano le rovine. Qui si realizzò il massimo livello raggiunto in passato di civiltà e di tolleranza religiosa. Vi convivevano pacificamente cristiani, ebrei, buddisti e musulmani. Qui aveva sede una delle più grandi università dell'Oriente, dove il grande Omar Khayyam (1048-1131, padre fondatore dell'algebra e noto poeta) insegnò matematica e astronomia».
Ma dopo la discesa delle orde di Gengis Khan, che distrussero Merv per ben tre volte nel giro di pochi mesi, l'oasi venne abbandonata per due secoli e non tornò più agli antichi splendori. I Nestoriani si spostarono definitivamente in Irak e in Siria, dove trasferirono il loro archivio. E finì la storia di quella chiesa lasciata nel deserto.
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