Il mistero del Van Gogh scomparso e gli 85 milioni pagati da prestanomi cinesi

La scomparsa del quadro di Van Gogh più costoso della storia cela un mistero e una spy story dalle tinte fosche, portata alla luce dal New York Times

Il mistero del Van Gogh scomparso e gli 85 milioni pagati da prestanomi cinesi

Dietro la scomparsa del più costoso quadro di Van Gogh, 85 milioni di dollari, si cela un mistero ancora più sconvolgente. Una spy story che ha interessato anche il New York Times, che in un'inchiesta si è infiltrata tra le pieghe di questo enigma, seguendo piste che hanno portato a risvolti a dir poco incredibili, in cui viene coinvolta la polizia segreta cinese e un genio della finanza risultato poi un prestanome.

Una vicenda intricata, dalle tinte forti, degna di un best sellers, se non fosse che tutto quello che è successo non nasce dalla fantasia di un celebre scrittore, ma da una realtà che presenta ancora molti lati oscuri. Tutto parte nel novembre del 2014 nella sedi di Sotheby’s a Manhattan, durante un'asta in cui viene messo in vendita una delle ultime opere del pittore fiammingo Van Gogh: Natura morta, Vaso con margherite e papaveri. La base d'asta ha già un prezzo stratosferico, 23 milioni di dollari, ma ci si aspetta, vista la sala gremita pronta a rilanciare, una vendita ancora pià stellare.

L'asta milionaria

Oltre ai presenti, molti partecipano alla vendita anche telefonicamente, e durante la trattativa arriva un'offerta dalla Cina che spiazza tutti: 62 milioni di dollari, la cifra mai pagata per un quadro di Van Gogh. Il compratore, al contrario della consuetudine all'anonimato, esce allo scoperto. Anzi, non soltanto fa sapere il suo nome, Wang Zhongjun, ma rilascia interviste sottolineando il suo ruolo di produttore cinematografico che aveva appena finanziato il kolossal Fury intepretato da Brad Pitt.

Il dipinto finisce per qualche mese nella casa di del compratore ad Hong Kong, per poi essere esposto in un museo di Pechino, di proprietà sempre dal magnate, insieme ad altri pezzi della sua collezione. Nonostante i prestigiosi capolavori, Il museo ha però vita breve e fallisce nel 2022, scomparendo, come fa il Van Gogh appeso nelle sue sale. Le prime ipotesi sono che il capolavoro sia stato trasferito nella proprietà di un finanziatore di Wang, che all'atto dell'aquisto aveva ammesso di aver avuto un socio nell'acquisizione, senza però rivelarne il nome.

Il prestanome "povero"

La fattura emessa da Sotheby’s per l'asta, riporta il nome di Hailong Liu, professione imprenditore, titolare di una finanziaria alle British Virgin Islands. In realtà il "facoltoso" signor Liu altro non è che un anziano signore che vive in un quartiere popolare di Shanghai, quindi, a tutti gli effetti, un prestanome di qualche riccone che ha differenza di Wang, voleva rimanere anonimo. Il New York Times ipotizza che si tratti di Xiao Jianhua, il superfinanziere cinese che aveva in portafoglio asset per sei miliardi di dollari e gestiva gli affari di importanti famiglie politiche della Repubblica popolare cinese, anche lui con qualche scheletro nell'armadio da nascondere.

Giovanissimo leader della protesta studentesca a Pechino, era passato indenne attraverso la repressione di Tienanmen, diventando poi un genio della finanza. Sua una fitta rete di agenzie di brokeraggio, banche, società di assicurazioni e importanti investimenti su carbone e immobili. Titolare della Tomorrow Group, molte delle sue proprietà appartenevano in realtà a personaggi delle più alte sfere economiche e politiche del Paese. Proprio frugando tra le fatturazioni delle molteplici aziende, ecco che spunta la fattura per 61.765.000 dollari emessa da Sotheby’s per l'acquisto del quadro.

L'intervento degli agenti speciali cinesi

Questa intricata rete di società che avrebbe proprietari dai nomi importanti, spiega probabilmente quello che è successo poi a Xia, che fino a quel momento, viveva in una suite dell’Hotel Four Seasons, circondato da una squadra di donne bodyguard. Una notte di gennaio del 2017 c'è un blitz da parte degli agenti speciali della polizia cinese, che neutralizzano le guardie del corpo e lo portano via su una sedia a rotelle, probabilmente narcotizzato. Il motivo? Probabilmente Xiao sapeva troppo; era a conoscenza di molti fatti e troppi nomi che non dovevano uscire, anche in virtù di una certa politica del Paese ben conosciuta in tutto il mondo.

Sul sito del suo gruppo Tomorrow Group, comparve poi un messaggio, forse messo con un po' troppa ingenuità per essere credibile, che tranquillizzava sulla sua scomparsa: "Non mi hanno rapito e portato in Cina, sono all’estero per farmi curare, tornerò dopo il trattamento". Cura, o "trattamento" durato fino al 2022, anche se nel 2019 trapelò la notizia che l'uomo avrebbe: "accettato di collaborare con la giustizia cinese". Alla fine fu condannato a 13 anni di carcere con l'accusa di: "manipolazione dei mercati e corruzione di funzionari governativi", per 20 miliardi di dollari di illecite operazioni.

Che fine ha fatto il quadro?

Ma in tutto questo che fine ha fatto il Van Gogh? Era stato acquistato per amore dell'arte o per coprire un giro di soldi che

andavano a toccare le alte sfere della repubblica cinese? Difficile dirlo, le ultime informazioni in merito, lo voglio venduto privatamente a 70 milioni di dollari, ma a chi rimane, e probabilmente rimarrà, un vero mistero.

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