Primo film sugli attentatori suicidi palestinesi, Paradise Now («Paradiso ora») di Hany Abu-Assad è un tipico film da Festival (nella fattispecie, Berlino): aspro nel tema, basso nel costo, alto nelle mire, scarso negli esiti. Era meglio, allora, lo schierato ma umoristico Intervento divino di Elie Suleiman, premiato tre anni fa a Cannes; ma era molto peggio lipocrita Private di Saverio Costanzo, premiato un anno fa a Locarno. Paradise Now rasenta lincubo dell'attentato, ma non lo mostra. Abu-Assad è infatti interessato non allimmolazione, ma allemulazione fra chi è pronto a morire pur duccidere: sono infatti due amici (Hais Nashef e Ali Suliman) a passare i reticolati a Nablus, nella Cisgiordania occupata, diretti a Tel Aviv. La loro missione fallisce; quando ritentano, solo uno - il cui padre fu ucciso perché spia degli israeliani - la porta a termine. Per lui il movente è moral-politico, non mistico-religioso.
Eppure nessuno, nemmeno il regista, nota che la vittoria dei palestinesi savvicina non con l'odio, ma con lamore: concependo ogni notte centinaia di bambini. Gli israeliani - come gli italiani - non ne sono più capaci.PARADISE NOW di Hany Abu-Assad (Palestina 2004), con Hasi Nashef, Ali Suliman, 98 minuti
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