Le navi da guerra americane e russe mostrano i muscoli nel Mediterraneo. Il braccio di ferro navale è un messaggio alla Siria: gli Usa sono pronti a pressioni sempre più forti su Damasco e la Russia difende il presidente Bashar al Assad. Una volta la chiamavano «politica delle cannoniere».
Due giorni fa è salpata una possente squadra navale russa della flotta del nord, dal porto di Severemork, nel Mar Artico. La portaerei Admiral Kuznetzov e la nave antisommergibili Admiral Ciabanenko, accompagnate dalla scorta e da navi cisterna, sono dirette nel Mediterraneo. L’ammiragliato di Mosca sostiene che l’esercitazione è prevista da tempo e non riguarda la situazione in Siria. La squadra, però, attraccherà anche a Tartus, lo strategico porto siriano utilizzato dai russi fin dai tempi dell’Unione Sovietica.
I media egiziani hanno rivelato che nelle ultime ore sono passate attraverso il canale di Suez verso il Mediterraneo orientale navi da guerra Usa. La tv satellitare Al Arabiya parla addirittura di un sommergibile nucleare. «La mobilitazione di unità navali da parte delle grandi potenze ha lo scopo di fare pressioni e raggiungere un obiettivo politico» ha spiegato all’agenzia di stampa AdnKronos, Sameh Saif al Yazel, ex numero due dell’intelligence egiziana, riferendosi alla Siria. Il 20 novembre era già passata per Suez la portaerei americana George Bush, proveniente dall’Oceano Indiano, che cinque giorni dopo ha attraccato a Marsiglia. A Tartus era già attraccata una fregata russa. Non è chiaro quando arriverà la squadra navale salpata dal Mar Artico, ma la concentrazione di forze navali è attratta dalla crisi siriana.
Secondo al Yazel, l’obiettivo americano è «spingere Damasco ad accettare le richieste della Lega Araba (stop alle violenze e osservatori internazionali nda), che godono del consenso internazionale. In caso di rifiuto è possibile ricorrere alle armi bombardando siti militari o imponendo una “no fly zone” per proteggere i civili». La richiesta di zone di non sorvolo o cuscinetto sulle frontiere siriane è un cavallo di battaglia degli oppositori del governo di Damasco scesi in piazza negli ultimi nove mesi. Martedì a Ginevra il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha incontrato sei esponenti in esilio del Consiglio nazionale siriano, che si batte per rovesciare il presidente Assad.
Mosca e Pechino vedono come fumo negli occhi qualsiasi intervento militare, come in Libia, nella crisi siriana e i russi vogliono ribadirlo inviando navi da guerra.
Ieri la Turchia ha annunciato nuove sanzioni commerciali contro la Siria grazie a una tassa del 30% sulle importazioni da oltreconfine. Il governo di Ankara non ha mai escluso la creazione di una zona cuscinetto per i profughi (sono già 7500 in Turchia) e per il Libero esercito siriano composto da disertori. Il loro capo, il colonnello Riyadh al Asaad avrebbe trovato rifugio proprio in Turchia, anche se i miliziani anti regime si infiltrano pure dal Libano e dalla Giordania.
Negli ultimi giorni Damasco ha risposto ai venti di guerra con una grande esercitazione militare alla presenza del ministro siriano della Difesa, Dawoud Rajha.
Ieri il presidente Assad, in una rara intervista rilasciata alla tv americana Abc, ha dichiarato che si farà da parte se «mi accorgerò che il sostegno popolare nei miei confronti è calato». Alla fine ha contestato che la sanguinosa repressione abbia provocato 4mila morti fra i civili. Secondo Assad, almeno 1100 erano soldati o poliziotti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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