"Dannose e inutili per combattere gli eccessi". L'allarme di Federvini sulle etichette al vino

In Irlanda, il regolamento sull’etichettatura degli alcolici è diventato legge. Il timore è che pure altri paesi spingano per provvedimenti analoghi. Le parole di Micaela Pallini: "Così si nuoce sia ai mercati sia agli stessi consumatori responsabili"

"Dannose e inutili per combattere gli eccessi". L'allarme di Federvini sulle etichette al vino

È irritata Micaela Pallini, presidente di Federvini, produttrice di distillati e mamma. In Irlanda, il regolamento sull’etichettatura degli alcolici è diventato legge, così fra tre anni le loro bottiglie saranno tempestate da avvertenze sul rischio tumori e malattie mortali dovute al consumo di alcol. Il timore, che la turba e la fa sbuffare durante l’intervista, è che pure altri paesi spingano per provvedimenti analoghi. Aumentando la demonizzazione che l’Ue sta applicando al mondo degli alcolici sin dalla stesura del Beating Cancer Plan, il piano europeo di lotta contro il cancro. “Sono madre di due figli e non potrei mai dire che l’eccesso di alcol faccia bene – precisa il vertice dell’organizzazione di produttori nata del 1917– ma a livello di comunicazione si sta sbagliando: c’è da fare un distinguo tra abuso e consumo morigerato. Fino a prova contraria e checché se ne dica in questi tempi non è dimostrato scientificamente che un solo bicchiere di vino faccia male a tutti. Leggi come queste nuocciono sia ai mercati che agli stessi consumatori responsabili: quelli che il nostro mondo vuole avvicinare e che si vorrebbero informare correttamente”.

Alla fine è arrivato quello che si temeva: l’Irlanda potrà adottare il suo sistema di etichettatura.

Guardi, siamo molto delusi anche se questa conclusione non era inaspettata. Speravamo che le ultime consultazioni all’Omc (Organizzazione mondiale del commercio) potessero dare delle indicazioni significative all’Irlanda. Ma loro, non essendo vincolati all’organizzazione a livello legislativo, sono andati avanti non considerando il parere negativo di alcuni Stati membri e importatori. Questo è gravissimo perché tale provvedimento viola i principi dell’Ue e della libera circolazione delle merci. Non è possibile che un prodotto di un paese membro abbia, nel mondo, un’etichettatura differente rispetto agli altri.

Micaela Pallini

L’Ue come si è comportata in questa faccenda?

Ora come ora non poteva fare nulla. Ma il problema è a monte. Quando non molto tempo fa è stata bocciata al Parlamento europeo la proposta di una nuova etichettatura con advertising salutistici, l’Irlanda è riuscita a farsi valere cambiando strada e passando per la Commissione Ue. Che con un meccanismo di silenzio assenso ha ignorato il parere di chi era contrario, avallando di fatto l’iter della legge. Un atteggiamento vergognoso.

E il governo Meloni?

È da tempo che parliamo e cooperiamo. Loro stanno facendo il massimo per sostenere la nostra posizione ma il problema è interno all’Ue dove ci sono pareri differenti dal nostro. Quello che chiediamo è che si continuino a cercare altri alleati in campo internazionale che ci sostengano nella battaglia.

I prossimi passi?

Noi, come Federvini e in linea con le valutazioni presentate da associazioni europee del comparto come Comité Vins e spiritsEUROPA abbiamo già presentato un esposto. La speranza è che quando la normativa sulle etichette sarà rivista in futuro a livello europeo ci sarà un cambio di rotta generale. E si smetta di demonizzare il vino.

Ma l’Italia quanto rischia in questa situazione?

Per quando riguarda l’export in Irlanda, le conseguenze sono minime perché il giro di affari non è amplissimo (secondo Coldiretti le esportazioni di vino sull’isola valgono 45 milioni, ndr). Il rischio è piuttosto è questo: che anche altri paesi approfittino di un precedente per emettere leggi simili e si indeboliscano i mercati. Queste misure, d’altronde, potrebbero persino non essere efficaci per combattere gli eccessi nel consumo: rappresentano solo un danno alla reputazione dei nostri prodotti nel mondo e colpiscono i consumatori morigerati. Chi abusa di alcol non va, solitamente, a leggere le etichette.

C’è un segmento del settore particolarmente penalizzato da un sistema di etichettatura simile a quello irlandese?

“Siamo tutti penalizzati, dai birrari ai distillatori. Anche perché se tu vai a colpire un prodotto colpisci poi anche quello che vi sta intorno. Penso soprattutto alla narrativa del vino: un’etichetta con un racconto negativo può penalizzare ad esempio tutto il sistema dell’enoturismo. Si crea un effetto domino che può minacciare tradizioni millenarie e insieme i tanti investimenti che sono stati fatti sulla terra per la produzione di eccellenze”.

Allora come si comunicano correttamente i rischi che sono dietro l’alcol?

“La linea europea che è quella già visibile nella Beating Cancer Plan è stata quella di voler risolvere ideologicamente un problema troppo importante imponendo divieti e demonizzando. Mentre quello che bisognerebbe fare è insegnare a leggere le etichette, formando un consumatore consapevole. Senza liste nere”.

Le aziende del circuito di Federvini cosa stanno facendo per impostare una comunicazione più distintiva tra abuso e consumo morigerato?

“Prima di tutto, le imprese lavorano molto sul proprio story telling. Ma si possono avviare anche delle iniziative più ampie e collettive. Noi come Federvini, ad esempio, abbiamo lanciato l’anno scorso insieme alla Sapienza di Roma il progetto “No Binge - Comunicare il consumo responsabile”. Abbiamo coinvolto gli studenti universitari della laurea magistrale in Organizzazione e Marketing nella diffusione di un approccio corretto al consumo di bevande alcoliche, stimolandoli a presentare dei piani mirati alla prevenzione dell’abuso. Bene informare sui rischi, ma dal racconto non vogliamo escludere tutto quello che c’è dietro una bottiglia: storia, tradizione, percorso aziendale”.

Cosa ne pensa del dibattito attuale sulla relazione cancro-vino?

“Io non sono un medico, ma a me pare sia stato estrapolato un contesto di consumo rendendolo

generale. Questo è controproducente. Ripeto non è scientificamente provato che un bicchiere di vino faccia venire il cancro. Anzi è stato dimostrato che il consumo moderato faccia bene in alcuni casi ed in determinati soggetti”.

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