Povera Giulia Cecchettin. Uccisa barbaramente e già presa in prestito da chi - senza autorizzazione - vorrebbe fare propaganda politica sfruttando la sua triste vicenda. Povera davvero: utilizzata come un pretesto per dare forza a certi vecchi slogan di parte. Il nome della giovane di Saonara verrà strillato a gran voce domani, 21 novembre, in quella che centri sociali e collettivi rossi hanno già definito una "giornata di rabbia nelle scuole e nelle università". In quei luoghi andranno infatti in scena le ennesime manifestazioni a sfondo ideologico, come si evince dai toni di chi ha organizzato la protesta.
In un comunicato del collettivo Cambiare rotta, tra i promotori dell'iniziativa, viene citato il caso di Giulia per sostenere che "questa società marcia, fatta di individualismo, competizione e sopraffazione, si rafforza nella volontà di possesso e nel dominio patriarcale". Poi però cade la maschera: iniziano le recriminazioni politiche, gli attacchi al governo e alle istituzioni. "Vogliamo farci sentire anche contro le strumentalizzazioni da parte del governo Meloni e della classe politica di questo Paese", si legge in un post diffuso dai centri sociali. E con disappunto vengono citati il ministro Bernini, che aveva annunciato l'assegnazione della laurea ad honorem alla studentessa uccisa, il ministro Validara e il vicepremier Tajani. Il cordoglio di questi ultimi non è piaciuto infatti agli antagonisti, forse convinti di poter decidere come si debba reagire al femminicidio più recente.
Nella convocazione della protesta in scuole e università viene inoltre sferrato un aperto attacco ai componenti dell'esecutivo: "Ministri di un governo, e di un intero Sistema, che pensa di pulirsi le mani sporche di sangue con azioni simboliche. Ministri di un Governo, e di un sistema formativo che è orientato solo al profitto e non all'accrescimento culturale e al benessere della società e, per questo, strumento utile della riproduzione della violenza sistemica". Affermazioni deliranti, nel vero senso della parola. Perché escono cioè dal solco degli accadimenti e si spingono in sommarie valutazioni del tutto soggettive, tendenziose, di natura politica.
"Non ci rappresentano i ministri Valditara e Bernini, che pensano bene di strumentalizzare l'uccisione di Giulia, dopo che il loro governo, con il taglio al reddito di cittadinanza, la chiusura di tantissimi centri anti violenza, l'attacco al diritto all'aborto e tutte le politiche antipopolari, toglie ad ognuna di noi la possibilità di autodeterminazione e di uscita da situazioni di violenza", prosegue l'azzardato comunicato presente sui profili social di Cambiare rotta. Ma il paradosso è che a parlare di strumentalizzazione sono attivisti che stanno usando il tragico omicidio di Giulia per avvalorare le loro tesi e presentarle come verità assolute.
Dietro, poi, c'è il solito pensiero oltranzista. C'è il calderone nel quale i ragazzi dei collettivi ci mettono di tutto, facendo confusione. "Non ci rappresentano le donne patriarche come Meloni, Von Der Leyen, Schlein e la stessa ministra Bernini, donne al potere che nulla hanno di diverso rispetto ai loro predecessori maschi, compresa la volontà guerrafondaia contro (anche) tantissime donne nei paesi nemici dell'Occidente", recita infine il comunicato di mobilitazione.
Questi stessi slogan verranno ripetuti domani nelle scuole e nelle università; poi il 25 novembre riecheggeranno in una manifestazione convocata a Roma. Intanto, mentre i centri sociali sbraitano e accampano accuse, il governo fa: come annunciato dal premier Meloni è infatti in arrivo un ddl per le donne in pericolo.
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