- Dall’intervista odierna di Sara Giudice si evince che da oggi in poi qualora salissimo in macchina con una donna, quantomeno alticcia, e ci provassimo e la toccassimo, se questa il giorno dopo sporgesse denuncia allora non verremmo più automaticamente bollati dalla stampa come stupratori. Ci voleva l’accusa a due cronisti progressisti per arrivare a questa banalità giuridica: ovvero che solo un processo stabilisce le responsabilità, non il tribunale dei media.
- Trovo meraviglioso il fatto che Sara Giudice e la collega presunta vittima si siano conosciute in un collettivo di giornaliste che si occupava del tema dello sfruttamento femminile sul lavoro. Magico.
- Fermi tutti. Nell’intervista Selvaggia Lucarelli fa dire a Sara Giudice il nome (solo proprio) della presunta vittima. Alert “vittimizzazione secondaria”. Ricordo di aver letto da qualche parte che rivelare l’identità di chi trova il coraggio di denunciare un presunto abuso, vero o falso che sia, non è molto corretto. Sbaglio? No, non sbaglio. Infatti nel pezzo a corredo dell’intervista, il collega di Selvaggia -giustamente- usa un nome di fantasia.
- Mai letta un'intervista così condiscendente della Lucarelli. Pare un orsacchiotto.
- Dice Sara Giudice: “A me dispiace per lei, ho rispetto sacrale per le vittime di violenza, ho provato dolore per quella bugia. Ero travolta da ciò in cui io stessa credevo. Come se le mie battaglie si fossero ritorte contro. Non voglio fare vittimismo, ma il mio era dolore per quella causa che veniva sminuita”. Quindi, fammi capire: la denuncia non va rispettata e la causa femminista viene sminuita non appena l’accusa si ritorce contro un giornalista di sinistra e femminista? Qui la cosa non funziona. O il principio lo applichiamo sempre, oppure mai. La ragazza aveva bevuto, era in un taxi insieme ai due presunti abusatori, ritiene di non aver voluto quei baci e quelle attenzioni. Mi spiegate perché a lei non dovremmo crederle mentre negli altri casi sì? Vi ricordo che molti dei processi per stupro, in particolare quelli di Ciro Grillo e Leonardo La Russa, riguardano rapporti sessuali che i maschietti accusati ritengono “consenzienti”. Proprio come i “baci” e le “effusioni” su quel taxi. Perché stavolta dovremmo credere alla buona fede degli indagati e negli altri casi invece no?
- Miracolo: per la prima volta, o giù di lì, il Fatto Quotidiano dedica due pagine per ascoltare la versione dell’indagato. Tutto bene, Travaglio?
- Altro miracolo: a sentire Sara Giudice, scopriamo che la percezione di un abuso non si trasforma automaticamente in un abuso reale. Cioè, bisogna prima dimostrarlo. E pensare che fino ad oggi i giustizialisti sessuali del MeToo ci avevano spiegato che “no vuol dire no” in ogni occasione, senza attenuanti né giustificazioni.
- Terzo miracolo: secondo la Giudice, non ci sarebbe stata nessuna costrizione ma la presunta vittima avrebbe avuto una “crisi di conformismo”. In sostanza: s’è lasciata andare, poi per eccesso di bigottismo non è stata più al gioco. Un banale “pentimento”. Da oggi dunque i protagonisti di questa storia, e i colleghi che hanno indossato i guanti bianchi, di fronte ad una accusa di stupro si domanderanno: sarà vero, oppure s’è solo pentita di quel rapporto?
- Non può mai mancare un briciolo di vittimismo. La Giudice sostiene che si aspettava che la notizia sarebbe uscita su un giornale di destra, a causa di chissà quale complotto. "Amo Nello ed è anche la persona che stimo di più al mondo - dice la giornalista - Sapevo che non si sarebbe mai fermato nel portare avanti le sue inchieste. Gli dicevo: 'stai calmo, per la nostra reputazione, per la nostra vita'. Alla fine però lo stimo anche per questo, perché non lo fa. Ma sapevo che saremmo stati puniti. La notizia potevano darla, ma non in quel modo". Ci sia permesso di far notare un dettaglio: la cosa strana, semmai, è che la notizia non sia uscita altrove prima. Che sia rimasta riservata, nonostante certe denunce di solito finiscano rapidamente sulle prime pagine. Benvenuti nel tritacarne mediatico.
- Sara Giudice sostiene di aver informato Corrado Formigli dopo l’apertura dell’indagine e lui “è stato comprensivo e paterno, mi ha detto di continuare a lavorare". Ma com’è buono, Corrado. Però qualcosa non torna. Nei giorni focosi del caso di Leonardo La Russa, infatti, in un pezzo sul Domani (vedi tu il caso), il conduttore di PiazzaPulita attaccò il presidente del Senato perché aveva “assolto il figlio in via diretta senza dibattimento, dopo averlo interrogato”. Bene. Se così stanno le cose, e non abbiamo motivo per non credere alla Giudice, forse Corrado non si è accorto di essersi comportato proprio come Ignazio: ha ascoltato la versione della cronista e si è mostrato “comprensivo e paterno”, chiedendole di continuare a lavorare come se nulla fosse. Ha fatto bene, sia chiaro. Ma adesso forse dovrebbe chiedere scusa a La Russa padre, crocifisso per aver creduto ai racconti del figlio.
- Ps: qualcuno avrà telefonato alla presunta vittima, per accertarsi di come stesse?
- Nella prima intervista da candidata democratica alla Casa Bianca, Kamala Harris afferma: “Voglio cambiare pagina in economia rispetto all’ultimo decennio”. Ehm Kamala, le hanno fatto notare, guarda che l’ultimo decennio comprende anche la presidenza Biden di cui sei stata vicepresidente. E lei: “Intendevo l’era Trump. Già, peccato che The Donald ha governato solo 4 anni e i restanti 6 sono di Biden e Obama. Tutto ok.
- Alle Paralimpiadi il
tunisino Achraf Tayahi si è infatti rifiutato di partecipare alla gara di bocce contro l'israeliano Nadav Lev. “Rappresenta una vittoria per la causa palestinese". Alla faccia dei Giochi Paralimpici all’insegna dell’inclusività.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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