La Croma, anzi Chroma, è una figura musicale, più precisamente un intervallo. Questa parola possiede anche un altro significato, che è quello di sfumatura della pelle, di colore secondario per l'epidermide. Ed è così che avrebbe dovuto chiamarsi l'ammiraglia di Fiat pochi attimi prima del suo lancio commerciale nel 1985, con la "H". La sottrazione è opera dell'allora presidente del Lingotto, Gianni Agnelli. L'avvocato decise che la nuova berlina dovesse chiamarsi Croma, un nomignolo più semplice e diretto, meno snob. Non possiamo sapere se quell'intuizione abbia favorito la sua ascesa ma, in ogni caso, quel modello ha avuto una carriera di grande successo. Forse anche superiore alle aspettative. Ha rappresentato il "potere" degli anni '80 e '90. In quel periodo storico bastava sintonizzarsi per un istante su qualsiasi telegiornale per vedere comparire delle Fiat Croma, con o senza luci blu, imperversare in luoghi di comando, tra Montecitorio, Palazzo Chigi e aule di tribunale. Purtroppo, le tre Croma rimaste scolpite nell'immaginario collettivo sono quelle della scorta di Giovanni Falcone, esplose con il grande magistrato nel terribile attentato di Capaci del 23 maggio del 1992. Quelle immagini strazianti hanno sfortunatamente fatto il giro del globo.
Pianale "Tipo 4"
A metà degli anni Ottanta la Fiat naviga a vista nel segmento delle ammiraglie, senza successo. Per vincere in quella categoria, solitamente, bisogna saper parlare tedesco, salvo rare eccezioni. L'Argenta, modello di rappresentanza del Lingotto è un fiasco irripetibile. Vecchia fuori e tecnicamente vetusta, viene considerata un enigma su quattro ruote che, per diversi anni, bivacca nel listino della gamma torinese. Nel 1985, però, la decisione dei vertici del Lingotto è di rilanciare la sfida che passa attraverso un pianale solido, dinamico, moderno e modulabile. Nasce la piattaforma "Tipo 4" con la quale proliferano delle berline di clamorosa e indiscussa riuscita: Lancia Thema (la più elegante), Saab 9000 (l'esotica), Alfa Romeo 164 (la sportiva) e appunto Fiat Croma. Quest'ultima ha l'obbligo di essere quella più pragmatica, più concreta. I fronzoli sono per le altre. E ci riesce alla grande. La nuova ammiraglia torinese si distingue per un abitacolo comodo, spazioso e per un bagagliaio "vorace". La carrozzeria disegnata a quattro mani dal Centro Stile Fiat e da Giorgetto Giugiaro sono un biglietto da visita prezioso: la silhouette a due volumi e mezzo, oltre a rivelarsi funzionale, è vincente. Oggi verrebbe chiamata fastback, all'epoca l'inglesismo non avrebbe attecchito. Con la Croma, poi, la Fiat passa alla trazione anteriore anche con la berlina di rappresentanza. La rivoluzione è servita.
Fiat Croma, una rosa di motori
A dettare il successo della Croma, oltre a quanto detto, ci sono un abitacolo moderno con una plancia ricca di spie e pulsanti, simbolo di opulenza anni Ottanta, ma soprattutto una lunga lista di motori dai quali attingere. Ovviamente il periodo vede dominare la scena dalla benzina, che è il carburante principe, quello che scatena le emozioni e che fa aumentare le pulsazioni. A tal proposito, l'ammiraglia torinese dispone di unità a carburatore o a iniezione, le prime vengono proposte nelle cilindrate da 1.6 e 2.0; le seconde, invece, sono in variante aspirata e turbo (117, 155 poi 165 CV). Per professionisti, tassisti e macinatori di chilometri - specie in autostrada - ci sono anche degli intriganti diesel: un 2.5 da 75 CV e un 2.4 turbodiesel da 100 CV. In seconda battuta arriva la “Croma CHT” (Controlled High Turbolence) con il 2 litri da 90 CV (98 cv dal 1989) che adotta un innovativo sistema ad alta turbolenza controllata sviluppato da Yamaha. Degno di nota anche il 1.9 TD.id. da 92 CV, che si irradia nella scena come il primo turbodiesel a iniezione diretta prodotto in serie. È il 1988.
La preferita dell'Avvocato
Pragmatica sì, ma pur sempre il vertice del brand e quando tu sei il padrone della fabbrica, vuoi il meglio. Gianni Agnelli ha avuto più di un debole per la Croma, che ha personalizzato su misura per renderla più esclusiva e distintiva. Senza dare nell'occhio, ovviamente, perché prima di tutto è meglio passare inosservati. Le berline dell'Avvocato sembrano delle Croma qualunque ma, sia nell'abitacolo che, soprattutto, sotto al cofano sfoggiavano soluzioni ragguardevoli. Il numero uno del Lingotto ne ha avuto ben 9 tra il 1986 e il 1993, tutte costruite su base Turbo i.e. La prima mandata utilizzava come motore il 2.8 PRV a 6 cilindri derivato dalla Lancia Thema, mentre la seconda il 3.0 V6 Busso Alfa Romeo. Ovviamente il patron era solito guidare personalmente le sue vetture, che allestiva su specifica disposizione con il cambio automatico, poiché la sua gamba sinistra faceva più di qualche capriccio. Il colore esterno era l'immancabile argento, mentre gli interni erano di colore blu, sia in tessuto che in pelle. Una pura sciccheria.
L'ultima fase
Nel 1991 arriva il restyling che avvicina la Croma, a livello stilistico, alle varie Uno, Tempra e compagnia, in una sorta di family feeling. La fanaleria anteriore, quanto quella posteriore, mutano il proprio aspetto. Il motore di punta nel 1993 diventa il 2492 cc e 160 CV, ripreso dall’Alfa 155, che regala un po' di nobiltà in più a un'ammiraglia che spesso si è sporcata fin troppo le mani. Nel 1996 a Mirafiori si chiude il sipario su questo ambizioso e magnifico progetto, fatto di coraggio e qualità, che ha dato lustro a tutta l'industria italiana. Dopo oltre dieci anni di ottimi esiti commerciali (438.
000 esemplari venduti), la Croma saluta tutti con più di qualche rimpianto. Per scelte aziendali la Fiat abbandona la partita delle ammiraglie e da allora quella voce è rimasta vuota. L'ultima delle stirpe è proprio la più amata dell'Avvocato, la Chroma, ops...Croma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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