I punti chiave
Le luci della notte ancora giovane la abbracciano, mentre i neon viola e rosa si proiettano sulla sua lucente carrozzeria bianca. Sullo sfondo le onde del mare si infrangono sulla spiaggia dorata, ma è la luna che abbaglia quel Cavallino Rampante che si erge così fiero. La sua linea squadrata, piatta e spigolosa, è così cattiva che sembrare urlare di rabbia, ma soprattutto fa girare la testa a coloro che si trovano in quel momento sul lungomare di Miami. Chi è sui pattini a rotelle inchioda la corsa per non franare a terra, chi sorseggia un drink almeno per un istante placa l'irrefrenabile sete bloccando la mano: per una frazione di secondo il mondo sembra bloccarsi mentre tutti si focalizzano con lo sguardo sull'abbacinante opera d'arte su quattro ruote che viaggia elegante su strada come una miss sulla passerella. Dentro all'abitacolo si nasconde Don Johnson, con l'immancabile abito leggero chiaro e la t-shirt rosa accesa, dietro di lui le telecamere del regista Michael Mann lo seguono come un'ombra, per le riprese della serie TV "Miami Vice". La protagonista di questo fugace attimo di eccitazione è la Ferrari Testarossa, concessione graziosa di Enzo Ferrari in persona, che volle per il grande show americano una vera Ferrari da esibire in prima serata sulle tv di tutto il mondo, dopo che nei primi episodi era stata usata una replica di una Ferrari Daytona Spyder. Evento che portò a una controversia legale tra Maranello e i produttori del "telefilm". Questa, però, è un'altra storia.
Mito degli anni '80
Quello che abbiamo raccontato non è altro che il biglietto da visita di un'auto che ha incarnato perfettamente un'epoca, e della quale è divenuta massima rappresentante per la sua categoria. Uno status di icona che nessuno le può togliere, perché poche cose descrivono meglio gli anni '80, così veloci, rampanti e selvaggi, quanto la Testarossa. "Un mito...nun se batte...tutta la vita", diceva in marcato accento romano Christian De Sica nel film "Ricky e Barabba" saltando a bordo del bolide rosso in Cordusio a Milano. Specchio di un'altra epoca. D'altronde lei ha rappresentato il vertice, il massimo del desiderabile su quattro ruote, in poche parole la macchina da sogno. Ed è così dal primo istante in cui venne svelata, in quel Salone di Parigi del 1984, durante il quale stregò tutti gli astanti per quelle linee di completa rottura con il passato, di immensa forza e vigore, perfetta sintesi di coraggio. In quei giorni i rullini delle macchine fotografiche immortalarono più la berlinetta a 12 cilindri di Maranello che la Torre Eiffel.
Lo zampino di Pininfarina
La genesi che porta alla Testarossa si lega alla volontà della Ferrari di dare una degna sostituta alla 512 BB, quindi i vertici aziendali danno il semaforo verde al progetto della nuova berlinetta affidando la parte dello stile alla Pininfarina, una solida certezza in questo campo, con Leonardo Fioravanti che si incarica di portare il design a un livello mai visto. La collaborazione tra le due realtà italiane trova forse uno dei suoi picchi di massima soddisfazione reciproca proprio in quel frangente del 1984, perché la Testarossa prende vita con un aspetto folle e dissacrante. Chi è abituato alle linee tondeggianti e classiche delle rosse del passato rimane di sasso, al cospetto di questo bolide che sfoggia delle vistosissime griglie laterali che si perdono nei radiatori posizionati ai lati dell'abitacolo, davanti alle ruote posteriori. Ovviamente questa scelta ha anche delle motivazioni tecniche, non solo estetiche, ma lo stile riesce a sposarsi alla funzionalità in modo eccezionale. Stesso discorso per quel posteriore così largo e imponente, dove viene alloggiato il cuore Ferrari da 5 litri e 12 cilindri a V di 180°, che esigono uno spazio immenso. La sua presenza scenica è dirompente, tanto che fa scuola per sportività, eleganza e personalità. Tutto ciò la incorona come regina della sua edonistica decade.
Il V12 Ferrari
Gran parte del successo della Ferrari Testarossa è da riscontrare anche nel suo cuore pulsante, quel massiccio motore da dodici cilindri boxer che fu il primo in configurazione a quattro valvole per cilindro nella storia del Cavallino. La cilindrata era precisamente di 4.943 centimetri cubici mentre la potenza toccava i 390 CV. Fino ad allora nessuna macchina stradale si era spinta a tanto, ma queste caratteristiche si tramutavano anche in prestazioni da primato: velocità massima di 290 km/h e accelerazione da 0-100 km/h in appena 5,8 secondi. Numeri da prima della classe. Bisognerebbe chiedere ai vari Diego Armando Maradona, Michael Jordan o Gianni Agnelli, quest'ultimo ebbe la fortuna di possederne un unico esemplare in versione cabriolet, se si fossero divertiti a scorrazzare per le strade su questo gioiello figlio di un periodo di crescita e spensieratezza, non solo economica e sociale, che non sarebbe mai più tornato.
Per questo quando nel 1992 venne lanciata la 512 TR, sua erede designata, la magia della Testarossa non è stata replicabile. Lei esprimeva gli anni '80, nella sua versione più scintillante, al pari di Don Johnson e "Miami Vice".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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