Autostrade, Abertis verso la rinuncia alle nozze

Il ministro Di Pietro non molla: «Vogliamo solo risposte sugli investimenti che si sarebbero dovuti fare»

Angelo Allegri

da Milano

Adesso non ci credono più nemmeno gli spagnoli. Fino alla settimana scorsa, anche di fronte ai dubbi espressi dall’amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci, la loro parola d’ordine era stata una sola: «Abertis continua a lavorare al progetto di fusione». Ieri, però, a tre giorni dal cda e dall’assemblea decisiva di Autostrade in calendario per mercoledì, il numero uno della società iberica, ha cambiato registro: abbiamo fatto di tutto per completare l’integrazione, si è sfogato Salvador Alemany Mas in una lunga nota, ma ci siamo trovati di fronte a un fuoco di sbarramento del governo di Roma. «Le decisioni adottate via via dalle autorità italiane hanno sollevato difficoltà crescenti e ci hanno obbligato a rivedere continuamente la nostra posizione. Quello che non faremo sarà porre la società e i suoi azionisti di fronte a fattori di rischio non quantificabili e, al momento, la nuova normativa italiana presenta uno spazio di incertezza». E ancora: «A tre giorni dall’assemblea di Autostrade e a 20 giorni dalla fine dell’anno, ancora non sappiamo come sarà la legge sulle concessioni alla fine del processo parlamentare, l’intesa non è autorizzata dal governo italiano e, oltre tutto, sono state avviate azioni legali contro Autostrade», osserva Alemany, ricordando che l’Anas ha chiesto 2 miliardi di euro al gruppo italiano per investimenti che non sarebbero stati completati.
Parole che suonano ormai definitive, e che non sembrano temperate da una frase poche righe più sotto, visto anche che Abertis ha già escluso ogni possibile proroga delle scadenze fissate: «Non voglio dire che l’accordo sia impossibile ma c’è sicuramente pochissimo tempo per concludere l’intesa entro i tempi che avevamo stabilito». Alla luce della presa di posizione spagnola assume un rilievo tutto particolare l’intervista, dai toni rassegnati, rilasciata l’altro ieri dal presidente di Autostrade Gian Maria Gros-Pietro al Corriere della Sera: «Spagnoli e francesi se ne andranno e noi staremo nel recinto che ci siamo costruiti con le nostre mani» perchè, se la fusione tra Autostrade e Abertis non si farà, «perdiamo l’occasione di sederci da protagonisti al tavolo dello sviluppo» europeo. In assoluto accordo Gros-Pietro e Alemany Mas sembrano sulle cause delle difficoltà. L’italiano parla di «contesto istituzionale al quale questa fusione non piace e prima di tutto per questo è difficile credere possa essere realizzata». Lo spagnolo cita con sarcasmo «un conflitto definito “italo-italiano” dal premier Prodi, ma che paradossalmente nessuno aveva riconosciuto fino all’annuncio in aprile della fusione transnazionale».
Il governo dunque. E in prima fila il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, alla guida dell’ala dura. Che non è sembrato affatto impressionato dalla sempre più probabile rinuncia degli interessati alle nozze.

«Il governo non ha fatto nessun fuoco di sbarramento», ha detto in risposta alla nota spagnola. «Ha chiesto un chiarimento su investimenti che si sarebbero dovuti realizzare in passato e quelli futuri che si vorrebbero attuare».

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