Gli avvocati in rivolta contro la Caf

Sarà ricusata la commissione nominata dai dirigenti sotto accusa. Domani i primi interrogatori di Borrelli: punta sull’ipotesi d’illecito

Gian Piero Scevola

L’attesa per le decisioni della giustizia sportiva è grande, ancora più di quella ordinaria, dove sembra assodato che i pm procederanno per frode sportiva e associazione a delinquere. Ma in molti si chiedono se tutta questa valanga di intercettazioni e di rivelazioni giornaliere a sorpresa, possano rappresentare la prova tangibile dell’illecito sportivo, quello che fa togliere gli scudetti conquistati e retrocedere nelle serie inferiori.
Questo sembra infatti l’orientamento di Francesco Saverio Borrelli, capo Ufficio Indagini della Federcalcio che, però, non avrà potere deliberante, non potrà negli interrogatori che inizierà da domani, utilizzare «il tintinnar di manette» che portò ai tempi di Mani pulite alla confessione di Mario Chiesa. Borrelli interrogherà, verbalizzerà e poi passerà il tutto, presumibilmente entro il 20 giugno, al Procuratore federale, il 45enne Stefano Palazzi, magistrato militare in carriera, napoletano, che entro le due settimane successive deciderà se archiviare (ipotesi fantascientifica) oppure deferire società e tesserati in quello che si presenta come un maxiprocesso, da tenersi direttamente a Roma in un salone dello stadio Olimpico, con la Caf in prima istanza (e in questo caso la Commissione Disciplinare della Lega di Milano sarebbe completamente scavalcata) e la Corte Federale come organo d’appello.
E sembra che le strategie dei vari collegi difensivi convergeranno verso un coup de théâtre, con tutti gli avvocati che ricuseranno la attuale Caf in quanto nominata da quegli stessi dirigenti (Carraro, Mazzini, Giraudo) che ora dovrebbero giudicare. Insomma, i controllati che fanno le pulci ai controllori, non sembra proprio un affare di buon gusto. Ma l’arduo compito che attende Palazzi sarà proprio quello di stabilire, nei deferimenti, se vi sia illecito (l’idea di Borrelli) o soltanto violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità (come invece vorrebbero derubricare i difensori). Il Codice di giustizia sportiva, le famigerate e temute pagine rosa delle Carte federali, aggiornato due anni fa dopo il caso delle scommesse, con l’introduzione di un apposito articolo, il 5, che vieta ai tesserati di scommettere, è graniticamente fermo sull’illecito dopo i casi del 1980.
«Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, costituisce illecito sportivo. Le società, i loro dirigenti, i soci di associazione ed i tesserati che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui sopra, ne sono responsabili», questi i due commi iniziali dell’articolo 6 che potrebbero inchiodare Juve, Fiorentina, Lazio, Milan, Reggina, Siena e i vari Moggi, Giraudo, Meani.
Perché, a differenza del primo grande scandalo che coinvolse il calcio italiano, quello orchestrato dal duo Cruciani-Trinca, o di altri che portarono a retrocessioni eccellenti, questa volta non ci sono giri di soldi, non ci sono gli arbitri che incassano milioni, non c’è il dirigente colto in flagrante con la valigetta piena di denaro.

Il filo della matassa che Palazzi dovrà dipanare è proprio questo, niente «smoking guns», pistole fumanti, ma un’accurata analisi delle telefonate, riportate sulla carta, senza poter ascoltare e valutare il tono delle conversazioni. Però, visti gli ultimi processi (caso scommesse due anni fa), contano solo i fatti e, comunque, i tentativi di far andare le cose in un certo modo.

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