La Xiaomi "Modena" finisce sul tavolo del governo

Rischio Parmesan a quattro ruote. Il ministro Urso appoggia la battaglia del sindaco emiliano e parte la mappa dei 200 luoghi "tipici". Il caso delle auto storiche

La Xiaomi "Modena" finisce sul tavolo del governo
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Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, si schiera al fianco del sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, a difesa del brand rappresentato dalla città, ovvero la capitale della Motor Valley. Il colosso cinese Xiaomi, che al business degli smartphone ha da poco unito quello dell’auto elettrica, ha infatti battezzato «Modena» il suo primo modello, la coupé a quattro posti SU7 (nella foto). Decisione presa, lo sfogo del sindaco Muzzarelli rilanciato dal Giornale, senza preavvisi o richieste di autorizzazione. Il sindaco, in occasione del recente Motor Valley Fest, si era dichiarato «molto arrabbiato» e pronto a ricorrere alle vie legali per quella che viene considerata uno sgarbo e, soprattutto, l’appropriazione di un nome simbolo del Made in Italy delle quattro ruote.

La diatriba tra Modena e il colosso Xiaomi diventa così anche un caso politico. Urso ha infatti assicurato a Muzzarelli il massimo sostegno del ministero a tutela della denominazione «Modena» utilizzata per una vettura interamente prodotta in Cina, anche «in base alla normativa vigente a contrasto dell’uso di simboli o denominazioni italiane in prodotti realizzati in altri Paesi».

In una nota, si sottolinea come il ministro Urso abbia, inoltre, «illustrato al sindaco quanto introdotto dal nuovo regolamento europeo sulle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, che può consentire una maggiore tutela delle produzioni legate al modello della Motor Valley, orgoglio dell’auto Made in Italy». Da qui l’iniziativa del ministero di effettuare «una prima ricognizione su oltre duecento luoghi, in Italia, tipici per le loro produzioni, che possono rivendicare il riconoscimento di “indicazione geografica” previsto nel nuovo regolamento a tutela dei consumatori e dei produttori dell’Ue». Ecco allora Urso, da una parte tendere la mano ai big cinesi dell’auto affinché investano in Italia, ma dall’altra ricordare loro che con il Made in Italy non si scherza.

Il Codacons, intanto, ha presentato un esposto alle autorità: in Italia, 553mila vetture sono certificate come storiche, ma solo il 20% avrebbe i requisiti

per ottenere il riconoscimento previsto dalle norme vigenti e, quindi, godere delle esenzioni totali o parziali sulle tasse auto. Evidenti, per il Codacons, il danno erariale e gli impatti negativi su ambiente e sicurezza.

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