A Bagdad è un trionfo la commedia che prende in giro i kamikaze

Un attentato a poche ore dalla «prima». Poi file e biglietti a ruba per la satira sul dopo Saddam

È la prima volta dal 2003, la prima volta in 29 anni. La prima volta di un teatro libero in una notte di Bagdad. A Karrada, quartiere elegante di un tempo, da qualche sera è tornata la gran folla. Ci son giacche, pantaloni neri e lezzo di naftalina, rossetti e sorrisi tra mantelli di verde e oro. Uomini e donne, tutti assieme, tutti in fila, tutti con un biglietto per la notte senza paura al Teatro Nazionale di Bagdad. Sono le notti della satira e del sorriso. Le prime senza censura dagli anni neri di Saddam. Le prime «soirée» con un filo di speranza dopo cinque anni di bombe e terrore.
È quasi un sortilegio e il regista Haider Munathar manco ci crede. Squadra le quinte, osserva gli attori, rincorre la moglie nei camerini. Lei Zahara Beden è lì a coprirsi di cerone i graffi e le contusioni. L’autobomba è esplosa puntuale a poche ore dalla prima. Un gran botto, tre morti, l’orrore consueto lì dove, ogni sera, la gente s’accalca, lotta per un posto nelle prime file. Zahra Beden per poco non c’ha lasciato le penne e da quella sera imbelletta botte ed ematomi. Haider Munathar, regista, sceneggiatore, attore, non nasconde la paura. «Lavoriamo in una situazione impossibile, ma non possiamo fermarci, questa è Bagdad, ogni sera tiriamo su il palcoscenico e ogni sera facciamo il pieno». Un anno fa sembrava una scommessa impossibile. Ora dopo la sconfitta di Al Qaida, dopo la rimonta firmata dal generale Petraeus, Munathar ci prova. Dopo cinque anni di paura, polvere e ricordi la sua satira ha risvegliato il teatro, riportato la gente sulle poltrone, ridato vita alle quinte, rianimato gli attori in seta e lustrini.
«Portate il re, portatelo» urlano i manifesti all’ingresso. Quel titolo ha scacciato la paura, restituito il sorriso. Per gli iracheni significa tanto. Ricorda l’urlo di un anno fa, quel «Portate la coppa, portatela» che scandì il sogno realizzato della prima coppa asiatica di calcio. Ma «portate il re» suona anche come il nome di Nouri Al Maliki, il nome del primo ministro invisibile, nascosto dietro le barriere di cemento della «zona verde», al sicuro dalle bombe, lontano dalle tragedie e dalle miserie quotidiane. Sul palco Haider interpreta quel re assente e miope che - improvvisamente - esce da palazzo e si ritrova trascinato da un venditore ambulante tra le nefandezze del regno, tra kamikaze e autobomba. Sul palcoscenico il re incredulo osserva e considera, ma i politici continuano la vita di sempre. Uno si lamenta perché il condizionatore gli dà noia, l’altro propone di costruire una gigantesca ruota per far divertire i cittadini nelle torride sere d’estate. Litigano su tutto, non decidono nulla, s’accordano solo per votare l’aumento dei propri stipendi. Il pubblico applaude, la satira rapisce la sala, richiama ogni sera nuovi spettatori.
«Qui in Irak - ripetono all’uscita - solo i più anziani avevano visto una commedia così». Per molto meno ai tempi di Saddam Haider finì in gattabuia. Ora scherza, si sente libero, spera. «Alla fine della commedia – dice – il re scopre la corruzione, capisce che il sogno della gente non si è realizzato». Gli spettatori all’uscita sorridono, ma non ci credono.

«È solo una commedia, ma nella realtà non succede - ripete Riad Al Motlib, un anziano avvocato fermo con moglie e amici -, qui abbiamo un re che continua a non capire, un re che farebbe meglio a mollare tutto e tornarsene a casa».

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