La banalità del bene mi fa diventare cattivo

A Natale bisogna essere più buoni ma ci sono libri che sembrano fatti apposta per farci diventare più cattivi. C’è posta per Dio (Piemme) mette in fila una serie di letterine indirizzate a Nostro Signore che farebbero perdere la pazienza a un santo. I mittenti sono, come recita il sottotitolo, «protagonisti della vita italiana». Facciamo finta che Alessandro Meluzzi sia un protagonista della vita italiana: non è questo il problema. Meluzzi merita anzi la nostra simpatia, dichiarando di essersi convertito e ritirato in uno stravagante monastero un po’ cattolico un po’ new age sulle colline del Monferrato. Facciamo finta che il curatore Francesco Antonioli creda davvero a ciò che ha scritto nell’introduzione: «La cinquantina di contributi che leggerete sono tutti di spessore». Dev’essergli sfuggito quello di Dario Vergassola, consistente (per fortuna) in due sole righe di testo: «Dio? Ho provato a chiamarlo più volte, ma è sempre occupato». Quando parlano dell’Altissimo i cabarettisti non fanno ridere, in compenso ci riescono gli intellettuali impegnati.
Nando Dalla Chiesa racconta del suo maldestro tentativo di avvicinamento alla religione. Il giorno che decise di confrontarsi con l’Eterno si diresse verso la chiesa di fronte alla Statale di Milano. Spinse la porta, la porta era chiusa, smise di spingere e nello stesso tempo smise di cercare Dio. Si vede che era troppa fatica riprovarci dopo la pausa pranzo. Giovanni Filoramo è uno storico del cristianesimo con una lunga bibliografia di volumoni editi da Laterza, Einaudi e Morcelliana. Per mandare in cenere la credibilità di migliaia di sudate pagine bastano due paginette farcite di facezie. La sua lettera è indirizzata a «Dio (o chi per Lui/Lei)» e comincia così: «Gentile Signore/Signora». Il resto di conseguenza. Lidia Ravera coglie l’occasione per ribadire il suo ateismo: «Non credo nella vita eterna. Siamo tutte scimmie civilizzate». La frase dimostra che il pensiero della scrittrice torinese ha avuto una certa evoluzione. Qualche anno fa secondo lei eravamo dei porci, con le ali ma pur sempre porci: la trasformazione in scimmie è indubbiamente un passo in avanti, se non verso il divino almeno verso l’umano.
Fabrizio Rondolino si dichiara pagano, forse spera di pubblicare con Adelphi. Dovendo compiacere l’esoterico Calasso si lancia in affermazioni destituite di qualsiasi fondamento: «La rappresentazione astratta di Dio tende a cancellare anche sul piano simbolico il principio di tolleranza di un mondo plurale». Il mondo plurale, come lo chiama lui, è il mondo precristiano che aveva per regole il sacrificio umano e la schiavitù.
Franco Cardini nella lettera confessa di credere in Dio senza troppa convinzione, di sentirsi svantaggiato rispetto a ebrei e maomettani per l’obbligo cristiano di riconoscere la divinità di Gesù, di essere perfino un po’ ateo «come quasi tutti i cattolici del XXI secolo». Dopo Cardini entriamo in pieno Islam. Mahmoud Srour, assessore musulman-mastelliano della Regione Abruzzo, scrivendo che «presunti musulmani trasgredendo al Tuo insegnamento e a quello del Tuo profeta hanno dichiarato guerra ad altri figli di Abramo», dimostra di non conoscere il Corano, che invece è pieno di incitamenti alla guerra santa.

Rula Jebreal, la bella saracena di La Sette, quando scrive che «le tre religioni del Libro dicono le stesse cose» rivela di non avere la minima idea di che cosa contengano due volumi di una certa diffusione, reperibili nelle migliori librerie, intitolati Antico Testamento e Vangelo. Prima di scrivere a Dio, sarebbe meglio dargli un’occhiata.

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