Il collocamento sul mercato di Repubblica entra nel vivo. L’idea di disfarsi del quotidiano principale del gruppo Gedi da tempo vaga nella testa di John Elkann, leader della famiglia Agnelli e della holding Exor, ma ora dai semplici pensieri si sta passando ai fatti. Secondo quanto risulta al Giornale, di recente sarebbe stata incaricata un’importante banca d’affari straniera per trovare un destinatario finale al giornale fondato da Eugenio Scalfari. L’input è di arrivare alla cessione di Repubblica e della concessionaria pubblicitaria Manzoni, oltre ad assottigliare la scuderia di testate cartacee controllate della holding Gedi fino a tenere solo La Stampa. Il dossier è stato proposto già ai primi editori europei, ma in ogni caso non c’è fretta. L’identikit dell’interlocutore ideale è di un gruppo di livello (in passato era circolato il nome di Vivendi), ma si valuta anche l’ipotesi di mettere insieme una cordata di imprenditori italiani vicini all’area dem, in sintonia con la linea storico del quotidiano. Né va escluso che la cordata alla fine possa avere una dimensione mista, italo-estera.
I segnali delle manovre in corso si erano percepiti già al momento del ribaltone ai vertici del giornale, quando all’inizio di ottobre l’ormai ex direttore Maurizio Molinari ha lasciato il posto al direttore del Tg3 Mario Orfeo. Proprio quest’ultimo, infatti, un giornalista scelto da Mario Monti per guidare il Tg1 e che poi, nel corso della carriera, è riuscito a guidare anche Tg2 e Tg3, è stata considerata la figura ideale – e sufficientemente trasversale - per capitanare il cambiamento di Repubblica. Vale a dire quella di un quotidiano vocato all’opposizione dura e pura al governo guidato da Giorgia Meloni, trasformato in un veicolo certo critico verso Palazzo Chigi ma anche più dialogante e digeribile al fine di non intimorire un possibile compratore allargando allo stesso tempo la platea dei papabili. Se è vero che servono tre indizi per avere una prova, certo il passo indietro di Elkann e l’affidamento delle briglie a Maurizio Scanavino (passato da ad a presidente) e la promozione di Gabriele Comuzzo (da vice di Scanavino ad amministratore delegato) paiono essere propedeutiche al distacco necessario per fare da preambolo a una ormai sempre più probabile vendita.
Alla base della decisione ci sarebbero motivi di ordine economico-finanziario: il continuo calo delle copie del quotidiano (meno 10% ad agosto a quota 91mila unità giornaliere, ma quelle reali sarebbero molto meno delle dichiarate) e il fatto che Gedi ha chiuso il 2023 con una vertiginosa perdita di 103 milioni di euro. In più, in ordine strategico, i problemi non di poco conto di Stellantis - il duro scontro con il governo sul numero di vetture da produrre in Italia - sono di per sé sufficienti senza dover fare quotidianamente i conti con i problemi generati dalle provocazioni del quotidiano. Non va poi doimenticato che si sta parlando di un imprenditore che ha ormai focalizzato l’attenzione altrove: il futuro core business di Exor, infatti, potrebbe gradualmente passare dall’automotive al settore della sanità che ha come capofila l’investimento in Philips, dove la holding degli Agnelli vanta il 17,5% del capitale sul quale ha investito la bellezza di 3,3 miliardi. Sempre in questo ambito si segnalano le partecipazioni in Institut Merieux, specializzato in diagnostica e biotecnologie, e in Lifenet Healthcare, che fa capo a un gruppo di strutture ambulatoriali e ospedaliere. Il gruppo Exor, del resto, è un forziere che nei primi sei mesi del 2024 ha chiuso con un maxi utile di 14,7 miliardi ed è ormai sempre più proiettato a costruirsi un futuro lontano dall’Italia.
Inoltre, dall’auto vengono sempre nuove complicazioni tra addio al motore endotermico, concorrenza cinese che erode quote di mercato e avvento delle auto a guida autonoma. Mentre la sanità, con l’invecchiamento della popolazione, offre praterie di sviluppo. Cosa che evidentemente non può offrire un quotidiano cartaceo come Repubblica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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