«Barocco, l’acchiappagiovani»

La musica del Sei e Settecento è fatta di evocazioni sonore e visive, così istrionica da allestire - idealmente - un teatro dell'immaginazione. Che imita gli «affetti», suscitandoli. Quindi meraviglia, incanta e avvince. Eppure, in Italia, la musica antica a lungo è stata la cenerentola della situazione. Travisata, considerata espressione di nicchia, dalla scarsa presa sul pubblico, dunque emarginata. Poi, finalmente, lo scossone, la ripresa di interesse che ha condotto alla nascita di centri di studio. E al fiorire di complessi eccellenti, così eccellenti da mettere in difficoltà i gruppi stranieri, del Nord Europa anzitutto, da sempre più sensibili al richiamo di questo genere musicale e quindi dominatori incontrastati. Riscattati dal limbo, gli italiani sono ora assai richiesti. Perché offrono prodotti «d'origine controllata»: parlano la stessa lingua di Vivaldi, Pergolesi, Caldara, Caccini, Corelli, cioè degli artisti che tanto hanno contribuito alla storia della letteratura musicale antica. Anche Milano ora s'è dotata di un complesso barocco tutto suo. È laVerdi Barocca, ensemble camaleontico nel suo allargarsi e contrarsi, cambiando pelle, per rispondere alle esigenze del repertorio. Un pugno di musicisti dalle massime competenze nell'antica, cresciuti in compagini top del settore, come il Giardino Armonico o la Cappella dei Turchini, e guidato dal milanese Ruben Jais. Domani, ore 18, nell'Auditorium Cariplo di largo Mahler, Jais dirige la Barocca con l'Ensemble vocale dell’orchestra, preparato da Gianluca Capuano. In programma, l'Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach.
Nei giorni in cui Milano era la «città proibita» per la neve, il vostro Messiah di Haendel ha praticamente riempito la sala. Come si spiega il successo della musica del Settecento?
«La cosa più straordinaria è che il barocco esercita un forte ascendente anzitutto sui giovani. Il nostro pubblico, aldilà dei soci, è diverso rispetto a quello della Verdi “grande“; è decisamente più giovane».
Perché la musica antica piace tanto ai ragazzi?
«È più immediata e strutturata. La frase wagneriana è incredibilmente bella, ma per capirla devi avere determinate conoscenze. La chiarezza di Bach, per esempio, favorisce l'impatto immediato delle sue composizioni. E poi c'è una carica di energia e freschezza che nella musica romantica è oscurata dal senso di macerazione e tragedia; nell'Ottocento musicale si avverte un compiacersi della sofferenza che forse distanzia i giovani».
Nella musica antica non c'è il senso del dolore?
«Sì, ma viene affrontato con piglio. Dal repertorio barocco lo spettatore trae una carica di vitalità umana. In Mahler, per dire, si avverte l'impotenza di fronte alla sofferenza in cui si finisce per crogiolarsi. Nel barocco no. Il dolore è un mezzo per rigenerare la vita, non per fiaccarla».
La Verdi Barocca opera con strumenti originali. E' una condizione imprescindibile?
«Assolutamente sì. Ci consente di trarre dalla partitura esattamente quello che voleva il compositore».
Quindi avete orchestrali specializzati nel settore…
«Gli strumenti antichi sono così difficili che richiedono una preparazione ad hoc».
Discorso che suppongo valga per i direttori. Chi sono i suoi idoli?
«Fra gli italiani Fabio Biondi e poi Ottavio Dantone: il nostro pioniere. Il Bach di Sir John Eliot Gardiner è semplicemente geniale».
Abbiamo sentito Gardiner nel concerto di Capodanno da Venezia, impegnato in pagine dell'Ottocento italiano. Qui non ha offerto letture memorabili. E se ognuno coltivasse il proprio campo? Lei cosa ci dice?
«Il Bach di Gardiner è un capolavoro. Sul resto, ho anch'io i miei dubbi. Però basta con il pensare che solo i barocchisti non sanno fare altro. Quando Claudio Abbado ha fatto i Concerti Brandeburghesi di Bach, s'è circondato dei migliori solisti in circolazione, ha offerto una lettura interessante di sicuro, però non è il suo repertorio. Quindi il discorso vale per tutti».
In questi giorni la lirica è andata spesso in tv e con grande successo. A quando il lancio sul piccolo schermo della musica barocca?
«Spero presto. Comunque sia, già il fatto che la tv abbia dato spazio alla musica colta è in sé un dato positivo.

La musica strumentale è più attuale di quella operistica, quindi il successo in tv sarebbe garantito».
Ha senso stupirsi dei successi della musica colta in tv?
«No. La musica emoziona, è un linguaggio emotivo di presa immediata. Un concerto non è una conferenza sulla Ragion pura di Kant».

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