Ucraina, nucleare, alleanze: il "fronte comune" della sinistra è già spaccato

Ucraina, nucleare, alleanze: il "fronte comune" della sinistra è già spaccato
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“Piste di lavoro comune”. Così le chiama Elly Schlein, al lavoro per tentare di dare forma e (possibilmente) sostanza all’ammucchiata da contrapporre al centrodestra guidato da Giorgia Meloni. Dal palco del forum Ambrosetti di Cernobbio la segretaria del Partito Democratico ha invocato unità a sinistra, partendo su temi come la sanità pubblica, i congedi paritari e la politica industriale. Riflettori accesi sulla prossima manovra economica, il modo per denigrare l’azione dell’esecutivo potrebbe anche risultare credibile. Ma poi, con buonsenso e lungimiranza, è impossibile non notare le enormi differenze tra i partiti candidati a rappresentare il campo largo.

Nonostante dichiarazioni pompose e promesse gonfie, la sinistra può realmente contare su un unico fattore comune: l’ostilità nei confronti del centrodestra. Quello che un tempo avremmo chiamato anti-berlusconismo. Oggi, infatti, l’unico obiettivo dei compagni è mandare a casa la Meloni e i suoi ministri, senza provare a proporre un’alternativa, senza fornire un’idea di Paese. Sicuramente non sarà possibile realizzare un programma comune, considerando le lapalissiane differenze di vedute, tre dossier su tutti: politica estera, energia nucleare e Matteo Renzi. Ma potremmo citare anche la disciplina di bilancio, la giustizia (abuso d'ufficio in primis) e le stagioni dei bonus, ma meglio non infierire.

La politica estera rappresenta l'ostacolo più grande per la sinistra, non ci sono dubbi. Dalle armi all'Ucraina alle prossime elezioni statunitensi, gli aspiranti alleati del campo progressista non hanno possibilità di raggiungere una linea comune. Sulle armi a Kiev lo stesso Pd è diviso al suo interno: se c'è chi sposa la linea della maggioranza - contraria all'utilizzo delle armi fornite a Kiev per colpire postazioni russe oltre il confine - l'ala riformista è tornata a chiedere un salto di qualità nel sostegno all'Ucraina. Fazione sostenuta da Carlo Calenda: "Sull'Ucraina stiamo dando un'immagine dell'Italietta, che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, che non è capace di capire che il sostegno netto all'Ucraina è il modo per allontanare la guerra dai confini dell'Europa". Come sarà possibile trovare un punto di incontro con il M5s pacifinto? Oppure con Bonelli e Fratoianni, seduti accanto a Conte? Senza dimenticare il Medio Oriente e le posizioni diverse su Israele. "Stop armi a Israele, riconoscimento della Palestina e sanzioni ai coloni", il diktat di Giuseppi. O, ancora, le presidenziali Usa: l'equidistanza del leader grillino potrà essere accettata dai compagni fan della Harris?

Altro tema destinato a dividere i candidati al campo largo è l’energia nucleare, crocevia fondamentale per un partito come Avs che si gioca la faccia. Se il Pd sembra intenzionato a sposare la linea del no, l’ex Terzo Polo è tranchant: sì al nucleare senza esitazioni, anzi, pieno sostegno alla linea del governo. “La misura Transizione 5.0 è in ritardissimo e con 13 processi autorizzativi è farraginosissima. Noi vogliamo, quando possibile, collaborare con l'opposizione, ma per noi il green deal va superato perchè così è irrealizzabile, devi avere il nucleare senno si continua ad andare a gas”, le parole di Calenda nel suo intervento svolto al Forum Teha a Cernobbio. Ed ecco già il primo scontro con il verdissimo Bonelli, che ha invitato l’ex titolare del Mise ad allearsi con la destra parlando di“tecnologia, obsoleta e carissima”: “Per noi di Avs, evitare il nucleare è un punto irrinunciabile, perché il processo di modernizzazione e competitività del sistema economico e industriale passa attraverso rinnovabili ed efficienza energetica”. Con buona pace della richiesta di unità della Schlein. Ma attenzione al terzo e ultimo punto.

Sì, perché la vera guerra fredda a sinistra si gioca sul nome di Renzi. Abbandonato il Terzo Polo, il senatore di Rignano s’è riscoperto rosso e ha sposato in toto la linea Schlein, dopo aver profetizzato sventure e sciagure. Un cambio di direzione che ha spaccato Italia Viva a metà ma che ha attirato l’interesse del Nazareno, come testimoniato dall’endorsement (fischiatissimo) di Paolo Gentiloni alla Festa dell'Unità di Reggio Emilia. Il vero problema si tratta Conte, pure disposto ad accettare accordi locali – come in Emilia Romagna e Umbria – ma non a livello nazionale.

“Sia consapevole che Renzi è deflagrante per il campo progressista”, il monito dell’autoproclamato avvocato del popolo ai dem. La mente va alla caduta del Conte II, tra un Ciampolillo e l’altro. E Calenda? Sarebbe disponibile a tornare in squadra con l’amico-nemico? Più che campo largo, un campo minato.

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