«Basta con la politica delle parentopoli e del mattone»

Roma «Ieri un mio amico mi ha fatto un complimento: ha detto che ormai sono l’unico esponente politico di destra riconoscibile come tale». Alla voce problemi Francesco Storace non mette l’identità. Nasce e morirà di destra. Quella cresciuta a pane e Msi, ideologia difesa anche a costo di sembrare rude e politicamente scorretto, come nel caso Bentivegna. Con la Lega ha un conto aperto, questione tricolore. E ora che si è dimesso Bossi è un fiume in piena, non gli era mai piaciuto. «Non si è dimesso un santo, no, perché mi sembra che lo stiano tutti canonizzando». Per lui lo scandalo leghista è solo l’ennesima parentopoli, «così non si può più tirare avanti». Il leader della Destra sul suo profilo Facebook annuncia una serie di iniziative per risvegliare le coscienze, in Italia c’è un vuoto di destra che lui intende colmare. Partendo appunto da Umberto Bossi. «La sua figura di duro e puro ha perso credibilità e siccome la gente tende a dimenticare in fretta certi scandali dobbiamo impegnarci per sconfiggere una prassi politica diventata inaccettabile». E dà appuntamento a mercoledì nella sede della Destra per parlare di proposte concrete sia territorialmente («Al Nord, perché è lì che ora si hanno i maggiori problemi»), sia più in generale politicamente. Proposte «che vadano oltre la fuffa che vede ora protagonisti i partiti di palazzo».
C’è già pronto il promemoria. «Innanzitutto è arrivata l’ora di dire basta al parentado in politica e nelle istituzioni; poi c’è da fare chiarezza sui rimborsi elettorali che devono essere per tutti e non solo per qualcuno». Altra storica battaglia è quella degli «onorevoli» stipendi: da dimezzare. «Un provvedimento - rivela - che molti miei colleghi vedono come uno spauracchio». «Altra sciagura, sono i mandati parlamentari, andrebbero limitati. In Parlamento c’è gente che sta lì da trent’anni...». Infine, ne eravamo certi, i traffici immobiliari. «I partiti le case le devono affittare e non comprare». E chi non ci sta «può anche chiudere con la politica e cambiare mestiere». Tra sogno e utopia Storace va, dunque, avanti nella sua battaglia idealista. E a proposito di questa tiene a far sapere che il 10 maggio inizia la causa civile sulla casa di Montecarlo: «Non è che ci siamo dimenticati di Fini, tutt’altro...».
Storace già la scorsa estate, in tempi di parentopoli Alemanno, aveva costretto la giunta regionale del Lazio a inserire all’interno dell’assestamento di bilancio la proposta di legge «antiparentopoli» presentata assieme al collega Roberto Buonasorte. Proposta diventata legge lo scorso inverno. Dunque, almeno nel Lazio, i parenti dei politici non possono entrare nei consigli di amministrazione. «Questo provvedimento - fece sapere a suo tempo - rappresenta il primo passo per eliminare il malcostume di nominare nelle presidenze e nei consigli di amministrazione delle aziende regionali i parenti dei politici che amministrano la Regione.

L’articolo che ho proposto intende escludere che i ruoli di presidente e componente dei consigli di amministrazione vengano ricoperti da soggetti legati da un vincolo matrimoniale o di parentela». Per fortuna che almeno Francesco c’è.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica