Berlusconi prende tempo: la resa dei conti a marzo

Il Pdl perplesso dopo la richiesta di Bossi di staccare la spina al governo del Professore. Ma a Monti fa sapere: cambieremo il decreto

Berlusconi prende tempo:  la resa dei conti a marzo

Roma - «Irricevibile». Nonostante le mille perplessità, i tanti dubbi e le pressioni di una buona fetta del Pdl convinta che il sostegno al governo Monti si trasformerà con il passare dei mesi in una sorta di suicidio politico di tutto il partito, Silvio Berlusconi trova decisamente fuori luogo l’affondo arrivato da Umberto Bossi. Che il Senatùr abbia «impellenti esigenze» rispetto al suo elettorato è una cosa, ben altra è l’ultimatum al Pdl con la minaccia esplicita di far saltare la giunta Formigoni. Anche perché - al di là di torti e ragioni, al di là del merito del provvedimento sulle liberalizzazioni - è chiaro che non è questo il momento per staccare la spina al governo, passati solo due mesi da quando gli si è votata la fiducia e senza un valido pretesto. Sarebbe una scelta incomprensibile anche per buona parte dell’elettorato e il Pdl si troverebbe a gestire una campagna elettorale con il Quirinale e l’Ue schierati decisamente (e probabilmente apertamente) contro. L’unica soluzione - almeno allo stato dell’arte - è quella di cercare di interagire il più possibile con l’esecutivo, portandolo magari sulle posizioni del Pdl. Ritagliarsi, insomma, un ruolo politico-parlamentare. Eppoi, come spiega a microfoni spenti più d’un dirigente di via dell’Umiltà, «tra marzo e aprile tireremo le somme». Perché è chiaro che se è impraticabile la strada delle elezioni oggi anche tirare avanti così fino al 2013 rischia di portare lentamente il Pdl alla frantumazione.
Per i prossimi mesi, dunque, strategia obbligata. A partire dalle liberalizzazioni. Non a caso l’invito di Monti affinché il Parlamento non mettesse mano al decreto è stato decisamente respinto al mittente. Se i toni del segretario Angelino Alfano sono piuttosto prudenti, decisamente più duro è il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto perché - spiega - non è accettabile «la pretesa che il Parlamento approvi un testo fotocopia di quello del governo». E sulla stessa linea è il presidente dei senatori Maurizio Gasparri secondo il quale il testo dell’esecutivo non può essere «intoccabile» ed il Pdl «si riserva il diritto di modificarlo». Ben più tranchant Osvaldo Napoli. «Il decreto - dice il vicecapogruppo di Montecitorio - va cambiato in radice. Trovo che sia sbagliato dare per scontato il sì di un gruppo parlamentare e rovescio l’impostazione: così come è il provvedimento è invotabile».

L’obiettivo, insomma, è quello di tenere Monti sulla corda e aspettare tempi migliori. La linea di Bossi, dunque, per quasi tutto il Pdl non sta in piedi. Lo dice Gianni Alemanno (che parla di «ricatto» della Lega) ma anche Roberto Formigoni. Perché, spiega, «non è interesse di nessuno innescare reazioni a catena». Nel senso che se davvero salta la giunta della Lombardia allora sono a rischio anche Piemonte e Veneto. «Far cadere Monti - aggiunge Guido Crosetto - sarebbe come sospendere un trattamento di chemioterapia». Almeno ad oggi. Tanto che Ignazio La Russa parla di «sostegno a tempo» all’esecutivo e risponde al Senatùr che il Pdl «non ha mai detto che debba durare per l’intera legislatura». Arriverà, insomma, il momento di tirare le somme. Cosa che dice piuttosto esplicitamente Cicchitto. «Diamo a Monti il tempo di misurarsi con i nodi dell’emergenza economica - spiega - eppoi, di qui a qualche mese, faremo un bilancio e prenderemo le decisioni conseguenti».

È questa, in sostanza, la risposta del Pdl a Bossi e ad una Lega che non vede pagare la sua politica dell’opposizione senza se e senza ma. Navigazione a vista fino a marzo, forse anche aprile.

Eppoi molto dipenderà anche dalla situazione economica oltre che dalla salute non solo del Pdl ma anche del Pd (ed è questa una delle ragioni per le quali nel centrodestra si spinge molto per affrontare il nodo dell’articolo 18). Ecco perché si tende a temporeggiare sull’eventuale riforma della legge elettorale. Per metterci mano, infatti, è necessario avere qualche certezza in più di quali saranno le alleanza alle prossime elezioni.

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