da Roma
«Umberto avrà certamente due o tre cose da dire a Silvio», andava dicendo nel pomeriggio Bonaiuti. E troppolontano dal vero il portavoce del Cavaliere non è andato, unpo’ perché era qualche tempocheil consuetoappuntamentodel lunedì sera saltava causa impegni (dell’uno e dell’altro) e un po’ perché il Senatùr non vedeva l’ora di chiarirsi le idee sulla svolta di San Babila e sulla riforma della legge elettorale. Non che in questi giorni i due non si fossero sentiti al telefono, ma è chiaro che un faccia a faccia davanti a una buona cena suggellata da un gelato al caffè è tutt’altra cosa. Così, a Arcore si parla soprattutto della trattativa sulla riforma elettorale, che ieri mattina ha visto in agenda un incontro tra Veltroni e Fini, mentre alla Lega e Berlusconi toccherà giovedì e venerdì vedere il segretario del Pd. Per Bossi, infatti, il referendum resta «una sciagura » e su questo fronte il Carroccio non ha alcuna intenzione di stare «con le mani in mano». Considerazioni che il Cavaliere conosce da tempo, tanto che Bonaiuti non esita a dire che «si dovesse arrivare alla consultazione referendaria » allora sì che il Senatùr andrebbe «su tutte le furie ».Esul punto il leader dellaLegaècategoricoenonnasconde a Berlusconi la sua «preoccupazione» per come l’ex premier sta gestendo la partita delle riforme («sento odore di referendum», fa sapere Calderoli). Non vorrei - è il ragionamento di Bossi - che ci fosse una «deriva referendaria » e su questo «vogliamo garanzie». D’altra parte, spiegava la scorsa settimana in Transatlantico Cota, capogruppo del Carroccio in commissione Affari costituzionali, «pernoirimanevalido il patto di Gemonio». Insomma, quel che vuole la Legaresta «unsistemaelettorale che garantisca la rappresentatività dei movimenti che hanno un forte radicamento sul territorio». E sul referendum le garanzie del Cavaliere sono arrivate a stretto giro, perché tutto vuole Berlusconi fuorché incrinare il cosiddetto asse del Nord (non a caso è confermata la presenza di Berlusconi alla manifestazione della Lega a Milano il 16 dicembre). Tanto che tra i possibili sistemi elettoraliaArcore si sarebbe convenuto su unproporzionaleconsbarramento al 4-5 per cento. A cena, però, si parla anche del Partito della libertà («con cui la Lega non potrà che avere un rapporto federativo », spiega Bonaiuti) e degli ultimi affondi dell’ex premier. Con Bossi che si riproponenel ruolo di «pontiere » con Fini e Casini. Dal primo, per la verità, qualche segnale di fumo arriva nel corso della giornata. Con il portavoce di An Ronchi che più di una volta confida in privato di vedere un «riavvicinamento » con il Cavaliere. E con Fini che dopo le mezze frasi della scorsa settimana, spiega di non vedere «alcun nesso tra la legge elettorale e il conflitto d’interessi ».Laminaccia di approvare la Gentiloni, insomma, sarebbe caduta. Segno che forse qualcosa si muove. D’altra parte è lo stesso leader di An a ricordare che «la gente del centrodestra chiede unità» e auspicare la caduta del governo Prodi, cosa che non giudica così improbabile.
E a quel punto, spiega l’azzurro Napoli, «passato il bollore» e «con l’esecutivo che potrebbe scivolare sul welfare entro fine anno o sul referendum nei primi mesi del 2008», non potrà che «esserci un riavvicinamento». Anche di Casini, che ora ha perso il gruppo di Giovanardi che dalle colonne del Giornale annuncia la sua «secessione» dall’Udc. E bussa alla porta del Partito della libertà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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