Bibliofili, state attenti a non esagerare

Un nostro collega bibliofilo, ogni tanto sbotta: «Mia moglie me l’ha detto ancora: “o te ne vai tu o se ne vanno loro”». Dove «loro» sono, ovviamente, i libri. Alla fine, in casa del nostro collega si giunge sempre a questo compromesso: «loro» restano sì sotto il tetto coniugale, ma si spostano in garage. Al nostro collega e a tutti quelli come lui s’addice, come pensierino natalizio, questo libretto («un altro?», dirà la dolce signora) di Georges Perec: Brevi note sull’arte e il modo di riordinare i propri libri (Edizioni Henry Beyle, pagg. 30, traduzione di Eliana Vicari). Perec (1936-82), essendo stato esponente di primo piano dell’Oulipo, cioè della cosiddetta «officina di letteratura potenziale», cioè ancora di quella confraternita di serissimi burloni sempre alle prese con le tecniche di scrittura vincolata, si mostra abile anche nel fare i conti con lo spazio e con il tempo, quindi fuori dall’universo infinito delle parole e del loro senso. Visto che l’umanità, dice, «si ostina a pensare, scrivere e soprattutto pubblicare», bisogna adeguarsi, perché «una biblioteca che non viene messa in ordine è una biblioteca che ingenera disordine». E poi confessa: «Per quel che mi riguarda all’incirca i tre quarti dei miei libri non sono mai stati veramente classificati. Quelli che non sono riposti in modo definitivamente provvisorio lo sono in modo provvisoriamente definitivo».

Non è un gioco di parole, ma una filosofia che potremmo definire bibliobabelica. Tuttavia sconsigliamo a quel nostro famoso collega di sottoporla alla sua gentile consorte, se non vuol finire lui, questa volta, in garage.

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