"Bimba prodigio" a 39 anni. E sotto la frangetta niente

La Serracchiani: "Per Natale regalerei al premier la statuina della Mole Antonelliana". Pessima battuta, copiata da Grillo. Passa per icona dei precari, ma lavorava in un influente studio legale organico a Pci, Ds e ora al Pd

"Bimba prodigio" a 39 anni. E sotto la frangetta niente

nostro inviato a Udine

Se insisti, ti raccontano. Per esempio di quei vecchi compagni, ex partigiani, quando si trovarono per la prima volta a tu per tu con Debora Serracchiani, implume candidata del Pd alle ultime Europee. Sgranavano gli occhi, quei friulani dalle mani grandi che un tempo avevano stretto il mitra e sventolato una bandiera di un colore solo - il rosso - di fronte a quel soldo di cacio dalla cadenza laziale e con la frangia alla maschietta. «E cumò noaltris o vin di votâ cheste frutate?» - «E adesso noi dovremmo votare questa ragazzina?» - si chiedevano perplessi, sottovoce. Ti raccontano che poi, ormai veltronizzati - peggio, franceschinizzati - anche quei vecchi compagni avevano finito per dire «obbedisco». Portando la «frutate» a Strasburgo, con i 144mila voti che lei ama vantare dicendo: «Ho preso più preferenze di Papi». Nel senso di Berlusconi.
Un Cavaliere oggi ancora incerottato, eppure al quale lei, in diretta radio, pochi giorni fa, ha avuto la ben poco brillante idea - una monata, dicono senza giri di parole a Udine - di dedicare idealmente, come natalizio regalo de chevet, da comodino, la puntuta miniatura della Mole Antonelliana. Battuta del piffero e per di più nemmeno sua, ma scopiazzata da Beppe Grillo. Per la serie: ognuno si sceglie i maestri che si merita. Così come certi maestri hanno gli allievi che gli toccano.
Devi comunque spingerti fino a Udine se vuoi scoprire qualcosa in più rispetto al poco che della Serracchiani si sa. Devi entrare nei luoghi qui deputati alla Conoscenza - le osterie - e investire un pugno di euro in Tocai (al diavolo gli ungheresi, chiamiamolo ancora così!) e in grissini col San Daniele. Tra quei tavoli devi poi individuare i volti vecchi e nuovi della politica cittadina e snidare le betoniche, quelli e quelle che sanno tutto di tutti. Così, un calice alla volta, un grissino dopo l’altro, qualcosa di buono lo raccogli.
Scoprendo innanzitutto che in questa pur piccola città la squinzia del Pd non la conosce di persona quasi nessuno. Perché lei è in fondo ciò che appare: un’idea, una veltronata, un frame di YouTube, una foto formato jpeg, l’esempio da manuale di una candidata costruita a tavolino e fatta lievitare con un abile uso dei media. «Dalla sua, ha anche la fortuna di avere il volto giusto per il web o per la tv - dice Maria Bruna Pustetto, consulente udinese, pioniera in Italia della comunicazione elettorale -. Ovvero un volto piatto, dall’espressione sì gradevole, ma fissa, come quelle dei Manga, i cartoni animati giapponesi. Non sarà simpatico da dirsi, ma sui media oggi funziona».
Che la Serracchiani, 39 anni, romana, sia arrivata a Udine nel ’95, è stato scritto in mille interviste. Le stesse che ci hanno detto come quel salto al Nord sia stato fatto per seguire il fidanzato Riccardo. Si sa poi che ha due cani, Matilda e Beatrice, e che a Udine ha lavorato in uno studio legale, specializzandosi in diritto del lavoro. Tutto il resto, come cantava Califano, è noia: lei e Franceschini, lei e Veltroni, lei e D’Alema... E chi più ne ha più si tedia.
Ciò che però non si era mai letto, è di quale studio legale si trattasse. Eppure è il tassello mancante per spiegare tante cose. Perché a Udine, il quotato studio dell’avvocato Gian Paolo Businello è sempre stato «organico» al Pci (poi a Pds, Ds e oggi al Pd). «Sono stati i suoi mentori - conferma Alberto di Caporiacco, direttore del Giornale del Friuli, distillato di polemica locale sul web -. Di suo, lei ci ha messo il faccino, una buona dialettica e l’abilità nel cogliere il vuoto di personalità che oggi è la cifra della politica cittadina. Un vuoto che lei ha colto e riempito».
Insomma, non proprio un’Alice nel Paese delle Meraviglie. E nemmeno una deamicisiana piccola cybernauta udinese che passa notti insonni a digitare e-mail. Spinta da chi contava, ha infatti iniziato saltando diversi gradini. Partendo dal consiglio provinciale, dove è stata imposta nel 2006, proseguendo con la segreteria cittadina, fino ad arrivare al 21 marzo 2009, quando infiammò l’assemblea del Pd dicendo peste e corna del partito e di quello stesso Franceschini che oggi appoggia. Quel Pd, dipinto come la fantozziana corazzata Potemkin, fece di lei «la» Serracchiani. Nome e volto di cui erano orfani quelli che la Pustetto chiama «marxisti narcisisti», compulsatori di Capital più che del Capitale. Di lì ai salotti tv che contano e che (a sinistra!) non fanno mai domande scomode - dalla Bignardi a Fazio - il passo è stato breve.
Il partito le ha poi messo a disposizione per le Europee persone e mezzi. «Solo per gestire un sistema informatico come quello usato dal suo sito, il Web 2.0, per intenderci lo stesso della campagna elettorale di Obama, servono almeno quattro operatori a tempo pieno, oltre a chi ha fatto il progetto», spiega Fabio Marchetti, vicepresidente Pdl della Provincia di Udine, che dice di non rammentare di lei «un solo intervento in consiglio degno di memoria». Confortando indirettamente la convinzione di quelli che... «sotto la frangetta, il nulla». Al massimo, tante lacune. «Con certe sue “castronerie” ha messo in serio imbarazzo anche gli stessi compagni di partito», aggiunge Marino De Grassi, capogruppo Pdl alla Provincia di Gorizia, ricordando il discorso della Serracchiani in un capoluogo isontino depresso perché messo in ginocchio dalla fine della Zona franca. «Bene, ci è venuta a dire che quella era una vergogna che andava abolita ancor prima. Risultato? In città il Pd ha perso il 10 per cento dei voti».
«Lei è l’espressione di una classe dirigente dove non c’è più selezione, dove ti scelgono perché porti voti o perché sei bello», sospira senza nemmeno più nostalgie l’antico compagno Renzo Pascolat, parlamentare di lungo corso del Pci. Uno che ha scelto «di non aderire né al Pds né tantomeno ai Ds, figuriamoci al Pd. Io mi sono fermato a Iosif Vissarionovic Stalin», si dipinge con una battuta. «Vedremo, adesso, dove questa ragazza intende arrivare. Sento dire che oltre a quel che è già diventata, parla di voler fare il sindaco di Udine, o il presidente della Regione. Personalmente le auguro di trovare un po’ di tempo per fare ancora l’amore».
Comunque, via così che si va, là dove ti porta Facebook. Cominciando dalla corsa alla segreteria regionale friulana del Pd, vinta lo scorso ottobre (ma senza stravincere) in appoggio a un riscoperto Franceschini. Scelta, quest’ultima, che ha segnato anche la scissione professionale di Debora (messasi in proprio pare grazie a un buon portafoglio di cause sindacali) proprio da quello studio Businello che l’aveva lanciata, ma che alle primarie ha avuto la «colpa» di appoggiare Bersani. E sul carro di Debora sono subito balzati al volo diversi esponenti del Pd locale che si trovavano in difficoltà.
Dato però che in politica, come in norcineria, non si butta mai via niente, vicino a lei è rispuntata addirittura Alessandra Guerra, l’ex ragazzona improvvidamente candidata dalla Lega alle Regionali 2003 e poi prevedibilmente sconfitta da Riccardo Illy. Dopo l’addio al Carroccio, un lungo oblio e l’iscrizione al Pd nel luglio scorso, la Guerra cerca ora accanto alla Serracchiani un nuovo spazio.

Per non essere da meno della nuova musa, autrice del volume Il coraggio che manca (forse il nostro, di leggerlo), anche la spilungona furlana ha cominciato col dare alle stampe un libro. «Imperdibile» e immodesto. Così come il titolo: Guerra e pace.

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