Bin Laden minaccia di attaccare il Pakistan

La popolazione esortata a rivoltarsi contro il generale «Il massacro della moschea rossa sarà vendicato»

Osama bin Laden dichiara guerra al Pakistan incitando alla ribellione contro il presidente-generale Pervez Musharraf. La notizia del nuovo proclama del capo di Al Qaida non a caso coincide con l’annuncio della data delle elezioni presidenziali in Parlamento fissata per il 6 ottobre. Musharraf rincorre disperatamente il secondo mandato, con l’avallo degli americani, ma l’opposizione è pronta a far di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote. Bin Laden lo sa e cerca di sparigliare le carte promettendo rappresaglie sanguinose contro “l’apostata” al potere a Islamabad. «È doveroso per i musulmani in Pakistan portare avanti la guerra santa e battersi per destituire Pervez, il suo governo, il suo esercito e coloro che lo aiutano», dice il capo di Al Qaida in un messaggio audio apparso ieri sui siti islamici estremisti. All’inizio si parlava di un nuovo video, ma in realtà si tratta del montaggio di vecchie immagini con Osama e il suo braccio destro Ayman al Zawahiri in visita a un campo di addestramento di miliziani islamici.
La dichiarazione di guerra di Osama al Pakistan era stata annunciata dall’ennesimo debordante video del suo braccio destro. Al Zawahiri proclama la sconfitta di Washington in Afghanistan, Irak e Somalia e poi minaccia attacchi contro le truppe dell’Onu in arrivo nel Darfur. Inoltre chiama a raccolta gli affiliati ad Al Qaida nel Nord Africa invitandoli a «ripulire il Maghreb dai figli di Francia e Spagna».
Bin Laden, invece, si concentra sul Pakistan e chiede vendetta per l’assalto alla moschea rossa di Islamabad di quest’estate, quando Musharraf ordinò di spazzare via la base filo-talebana nel cuore della capitale. «L’assalto alla moschea rossa dimostra la sua lealtà, sottomissione e collaborazione con gli americani contro i musulmani», sostiene bin Laden riferendosi a Musharraf. Nell’attacco morirono 75 miliziani, compreso uno dei predicatori a capo della moschea, Abdul Rashid Ghazi. Nelle immagine che accompagnano il proclama ci sono quattro fotografie fisse di altrettanti “martiri”, compreso Ghazi. Il minaccioso messaggio dura 23 minuti e non lascia spazio a dubbi: «Noi di Al Qaida ci appelliamo ad Allah che sia testimone della rappresaglia per il sangue versato di Abdul Rashid Ghazi e di chi, come lui, si è schierato contro Musharraf». Il presidente pachistano è già sfuggito a tre attentati di Al Qaida e ora sta vivendo il momento politico più difficile da quando prese il potere con un golpe nel 1999. Bin Laden bolla come un’«azione futile» le elezioni presidenziali pachistane, che dovrebbero concedere un secondo mandato a Musharraf.
Non sarà un’impresa facile perché l’opposizione vuole imporre al presidente di abbandonare la divisa di capo delle Forze armate prima del voto. Il partito filo-talebano Jamaat al Islami ha presentato un ricorso in tal senso alla Corte suprema, guidata da un rivale di Musharraf. Il presidente-generale ha promesso di abbandonare l’uniforme, se verrà eletto, prima della cerimonia di insediamento. Se qualcosa andasse storto, Musharraf potrebbe sciogliere il Parlamento o imporre la legge marziale, ma gli americani si oppongono a un nuovo golpe.
Nel frattempo l’area tribale al confine con l’Afghanistan è sempre più in mano ai talebani e zona sicura per le cellule di Al Qaida.

Nelle prossime ore si spera che vengano rilasciati 240 soldati pachistani presi in ostaggio dai fondamentalisti senza che i militari sparassero un solo colpo per difendersi. La popolarità di Musharraf precipita e un sondaggio dell’11 settembre dimostra che solo il 38% dei pachistani lo appoggia e che il 46% simpatizza per Osama.

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