Una mostra su Bisanzio, sia pure grandiosa, non può da sola render giustizia a quel grande bastione del cristianesimo a Oriente che nei secoli bui tenne accesa la fiaccola della classicità. Anche se meno ostile, la visione storiografica di Bisanzio non si è ancora liberata degli effetti della lunga campagna denigratoria iniziata nel 700 dal Gibbon che nellimpero bizantino vedeva «il trionfo della barbarie e della religione», mentre Voltaire lo decretò «uninfamia della mente delluomo», anche se più tardi William Butler Yeates celebrò il mistero e lo splendore della sua cultura, e Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio nella sua «triplice fusione»: un corpo romano, una mente greca, unanima orientale, mistica. Una fusione compendiata nella sua arte, come ripropone oggi la maestosa rassegna alla Royal Academy «Byzantium 330-1453», con la partecipazione del Museo Benaki di Atene e curata da Robin Cormack, del Courtauld Institute, e Maria Vassilaki, delluniversità di Tessalia.
Le 350 opere riunite nella suggestiva penombra di una fuga di sale illustrano molte pieghe del vasto impero governato dalla favolosa capitale di Costantino, i cui artisti, mosaicisti e pittori seppero raccogliere la difficile sfida di «rappresentare lo spirito di Dio». Micromosaici, manoscritti, icone, bassorilievi, avori e metalli testimoniano degli influssi culturali che Bisanzio elaborò nel Medio Evo e trasmise al Rinascimento italiano prima di dissolversi nellimpero ottomano nel 1453. I curatori sottolineano con esempi e accostamenti come sul Bosforo Bisanzio e lIslam pervenissero a realizzare nellarte un fecondo incontro fra due fedi diverse. Loggetto più raro e misterioso è il calice argenteo di Antiochia del IV secolo.
LA MOSTRA
«Byzantium 330-1453» alla Royal Academy di Londra fino al 22 marzo. Catalogo edizioni Thames & Hudson. Info: www.royalacademy.org.uk.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.