«Farei di nuovo tutto il possibile per rovesciare Saddam Hussein»: sei anni dopo, l'ex premier britannico Tony Blair, che sarà ascoltato a gennaio da una commissione d'inchiesta a Londra per capire come e perché Londra entrò in guerra con l'Irak, non cambia opinione sulla necessità di un intervento militare a Baghdad.
Intervistato dal quotidiano spagnolo El Pais, Blair ammette che senza il precedente iracheno forse ora sarebbe il nuovo presidente dell'Ue: «È possibile, anche se credo che al momento di prendere una decisione si è scelto qualcuno che corrispondesse alle esigenze della carica e che sarà in grado di prendere le decisioni necessarie. Quando si è Primo ministro, una della cose alle quali bisogna abituarsi è che occorre prendere delle decisioni e accettarne le conseguenze».
Commentando quel che scrive la stampa britannica, ovvero che dalla Commissione la gente si aspetta «un processo, un verdetto, una sentenza e un'esecuzione», Blair sottolinea come la questione irachena «continuerà a dividere l'opinione pubblica per molti anni»: «In ultima analisi, quel che io spero è che le elezioni irachene dell'anno prossimo siano un successo».
Tornando alla decisione di entrare in guerra, l'ex premier ricorda di aver sempre detto che quel che successe dopo la caduta di Saddam fu molto peggiore di quanto previsto: «Come mi disse un iracheno una volta: ci siamo liberati di Saddam, ora vogliamo liberarci del terrorismo, ma non dovremmo essere costretti a scegliere fra le due cose». Nessun dubbio dunque sulla necessità dell'intervento - una decisione «molto difficile» - anche in vista del perdurante terrorismo islamico: «È un problema per risolvere il quale occorrerà molto tempo, e una combinazione di potere soft e duro: una delle ragioni per cui vivo con tanta passione la questione israelo-palestinese è che anche se non credo che il conflitto sia all'origine dell'estremismo, la sua soluzione contribuirà enormemente a sconfiggerlo».
Infine, un giudizio su Barack Obama: «Lo ammiro molto, sta facendo un grande lavoro per il suo Paese, ma come ho sempre detto i leader cambiano ma le decisioni da prendere no: e ha davanti a lui delle decisioni molto difficili, sull'economia, sulla sicurezza, sull'Afghanistan, sul processo di pace in Medio Oriente. Ha avviato una nuova strategia, ed è importante che riceva aiuto».
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