Bocchino ha sbagliato, anzi no Basta col politicamente corretto

Abbiamo chiesto un’opinione al nostro collaboratore Vittorio Sgarbi.
Dunque, siamo agli estremi confini del politicamente corretto. Siamo arrivati oltre quello che si poteva immaginare. Italo Bocchino ha espresso un pensiero che definisce un nuovo ghetto: quello delle operose regioni del Nord nelle quali un gran numero di cittadini, evidentemente deviati, ha scelto di votare rappresentanti della Lega. Per alcuni i leghisti sono un nuovo modo di essere fascisti. Ma è singolare che a sottolinearlo siano propriamente ex fascisti, come lo stesso giovane Bocchino fu.
Oggi le parti sono a tal punto mutate che Bocchino può affermare di preferire un presidente del Consiglio omosessuale, intendendosi con ciò «dichiaratamente» omosessuale perché di omosessuali «velati» già ve ne furono e, per ragioni non sessuali ma politiche, non incontrarono il favore della destra. Ma perché Bocchino è arrivato fino a questo punto? Che cosa hanno fatto Maroni, Zaia, Cota e anche molti altri che hanno avuto il voto degli elettori del Popolo della libertà e di Alleanza nazionale, come Daniele Molgora presidente della Provincia di Brescia, e innumerevoli sindaci, consiglieri comunali, provinciali e regionali in Veneto, Lombardia, Piemonte, con la benedizione di La Russa e, credo, dello stesso Fini, per meritare i rimbrotti di Bocchino? Certo, io sono stato presente a un momento di scontro fra esponenti della Lega, come il sindaco di Varese e un imprenditore marchigiano, e un indignato Bocchino che difendeva i molti operosi nel Meridione, rappresentato in una trasmissione di Pierluigi Paragone su Rai Due come teatro di criminalità, violenza e disordine. Come stupito di vedere quello che non poteva non sapere squadernato in una televisione di Stato inebriata dei sorprendenti (?) esiti elettorali della Lega, Bocchino ha pronunciato la sua maledizione non accorgendosi di entrare in un paradosso per chi è così desideroso di esibire un abito democratico: dimenticare che la Lega si è affermata non con un colpo di Stato o con una serie di forzature, che non fossero sfoghi verbali, ma che è stata votata in molte regioni da liberi elettori anche meridionali. Semplicemente, come non sempre ha fatto il Popolo della libertà o la componente proveniente da Alleanza nazionale, interpretando i pensieri di molti e i valori corrispondenti al pensiero e alle consuetudini cristiani. Lo ha fatto in modo preciso e ha ottenuto consenso. Questa è la democrazia; e Bocchino non dovrebbe dimenticare che questo avvenne anche in Austria con l’affermazione di Haider e fu facile a molti demonizzarlo. Ma la democrazia non è quello che Bocchino vorrebbe, ma quello che gli elettori indicano.
Abbiamo un nuovo collaboratore «invertito»: Sgarbi Vittorio.
Finalmente Bocchino ha avuto il coraggio di dire una verità che tutti i sostenitori del politicamente corretto, di cui Bocchino è un pregevole neofita, pensano e dicono da tempo: la Lega è un partito razzista, anti-unitario; non vuole il bene dell’Italia ma soltanto quello della Padania e delle sue colonie limitrofe. Non importa che i suoi elettori siano popolo giacché sono soltanto popolo del Nord. Bocchino è stato più sottile di quanto non sia sembrato e in fondo ha riproposto l’antico schema del 1994 in cui, per un contrasto che non s’è mai sanato, Forza Italia strinse alleanza nel nord con la Lega contro Alleanza nazionale e con Alleanza nazionale nel sud senza la Lega. Alleanze asimmetriche e, solo apparentemente, incoerenti. In realtà Alleanza nazionale manteneva e mantiene lo status di partito nazionale. Bocchino infatti non ha affermato che la Lega non deve governare nelle regioni del Nord con presidenti espressi anche con il voto degli elettori di orientamento politico che fa capo a Fini e a Bocchino, ma che per il ruolo di presidente del Consiglio preferirebbe un politico dichiaratamente omosessuale a un leghista. La contrapposizione apparentemente abominevole non fa altro che confermare lo statuto regionale, locale, «nordista» della Lega la quale, assente in molte regioni d’Italia e soprattutto nel Meridione, non può esprimere un leader nazionale soltanto in virtù di una media alta di voti, che sono numerosissimi nel Nord e nulli nel Sud. Come può rappresentare l’Italia chi non crede all’Italia? Come può difendere gli interessi dei meridionali chi li considera incapaci e criminali? Possiamo immaginare un leader che creda soltanto nel Nord e intende il federalismo come risarcimento dall’assistenzialismo che ha garantito le regioni meridionali a danno del Nord? Come immaginare un leghista dal volto buono che faccia gli interessi di tutti?
Bocchino ha pensato che un omosessuale non fa danno a nessuno, non vuole tutti omosessuali e non discrimina gli eterosessuali. Perciò il suo status non gli impedisce di governare per tutti. Ma chi crede che nel Sud ci siano soltanto parassiti, come potrà essere il loro presidente? Ecco Bocchino senza pensarci ha detto una verità elementare rischiando di apparire politicamente scorretto con il discriminare la Lega.

E invece egli l’ha considerata abilitata a governare dove esiste ma inadeguata per una funzione nazionale come quella del presidente del Consiglio, nella quale non crede. In sostanza non ha detto niente. Ha semplicemente indicato la normalità della omosessualità e l’anomalia della Lega come partito nazionale. Klaus Davi ha fatto il resto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica