Bondi vince, opposizione ko Il Pdl esulta: quattro a zero

RomaMolto amareggiato, umanamente provato da una mozione che ha vissuto come un attacco individuale, «espressione di un imbarbarimento della vita politica nel nostro paese» e di un «cinismo» che divora le persone, a lungo ed ancora tentato dalle dimissioni, con la bocciatura del voto di sfiducia (con 314 no, lo stesso identico numero della fiducia al governo del 14 dicembre) Sandro Bondi spera di aver finalmente chiuso la parentesi più brutta della sua esperienza da ministro. Nel Pdl si sta facendo pressing perché il ministro, dopo il superamento della prova, non si dimetta, strada che sembra convinto a percorrere ieri (il successore designato sarebbe Paolo Bonaiuti) ma che pare sfumata in serata, anche per l’opera di convincimento di persone da lui molto ascoltate. «Stiamo facendo di tutto perché non succeda» dice un importante esponente del Pdl. Ma la lancetta sembra essersi ormai spostata sul «no» alle dimissioni volontarie.
Nel discorso in aula il ministro è passato al contrattacco, visto l’esito negativo che hanno avuto nelle settimane scorse gli inviti (prima al Pd, con una lettera, poi ai cattolici) alla pace con il ritiro della mozione. La miglior difesa è l’attacco, e così il pur mite Bondi ha tirato fuori cappa e spada (sollecitato in questo dai vertici Pdl): il «colpo mortale alla cultura lo ha dato la sinistra» portando durante i suoi governi «150 milioni di euro in meno alla cultura, dove erano allora - si è chiesto Bondi davanti al plotone di esecuzione parlamentare - gli uomini di cultura?». «Come ministro ho difeso in questi tre anni la prerogativa dello Stato nella tutela del patrimonio artistico, le amministrazioni di sinistra volevano costruire sotto il Pincio un parcheggio privato. Se lo avessimo fatto noi, saremmo stati accusati di essere i lanzichenecchi». «Ho cercato di salvare l’opera lirica dal tracollo, ho dovuto fare i conti con una situazione fuori controllo». Poi il capitolo dei tagli, con Bondi che ha ammesso di non essere riuscito ad ottenere il reintegro sperato del Fus, ma «se ci saranno le condizioni economiche otterremo questo risultato in sede di conversione del decreto milleproroghe». Il motivo centrale per cui Bondi ieri era lì, però, si chiama Pompei. Anche su quello il ministro ha prelevato informazioni da un controdossier: «L’Italia spende meno degli altri paesi europei, e questo è uno scandalo, ma spende anche male le sue risorse: dal 2002 ad oggi c’erano nelle casse di Pompei circa 50 milioni di euro da poter spendere. I soli biglietti rendono 22 milioni di euro. Vi rendete conto di cosa si potrebbe fare con questi soldi? Invece le condizioni in cui si trovava Pompei due anni fa era vergognosa. Una delle più grandi realtà archeologiche del mondo non può essere gestita da una sovrintendenza, servono nuove figure professionali». Non i burocrati e i sonvrintendenti, contro cui Bondi vuol fare il Brunetta.
Tecnicamente la sfiducia è stata bocciata con i voti dei «responsabili» (i nuovi arrivati di dicembre) e con l’astensione della Svp che ha incassato una serie di interventi sul patrimonio monumentale alto-atesino. I numeri della maggioranza restano fermi a 314, perciò l’opposizione, sconfitta, si rifà su quello per dire: «L’allargamento è fallito». Di fatto la sconfitta dell’operazione su Bondi è, per il Pdl e soprattutto per Berlusconi in questa fase, un notevole punto a proprio favore. «E siamo 4-0» esulta Alfano, contando le prove di forze vinte dal centrodestra da settembre ad oggi. La prossima è attesa per il 3 febbraio, con il voto sul federalismo fiscale. Il superamento della prova-Bondi dovrebbe valere, secondo il Pdl, come un avvertimento per il Terzo polo soprattutto.

«Il Pd e i partiti ispirati da Fini e da Casini trarranno qualche insegnamento? -, si chiede Bondi in una nota-sfogo dopo il voto - Temo che questo non avverrà, i leader di queste forze politiche sono persone politicamente e umanamente assai modeste, sopravvivono da decenni nel grigiore della politica politicante e si distinguono unicamente per la loro capacità manovriera, per la loro indifferenza ai problemi del Paese e per il cinismo ributtante della loro politica». La vittoria ha cambiato Bondi: dalla poesia romantica è passato al poema di guerra.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica