Bordighera accende le scintille fra Pdl e Lega

Bordighera accende le scintille fra Pdl e Lega

(...) fra Popolo della libertà e Carroccio, ci scappa qualche tensione, qualche «distinguo» fuori ordinanza. Negli ultimi tempi, magari, un po’ di più.
Come nel caso-Bordighera. «La Lega Nord voleva che il Comune fosse sciolto. Non è un complotto, ma è certamente una manovra politica» tuonava ieri Giovanni Bosio, sindaco decaduto del Comune della Riviera sciolto per sospette infiltrazioni mafiose. L’ex primo cittadino è andato giù duro e ha spiegato in pubblico perché farà ricorso contro il provvedimento deciso dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Leghista. «Ho agito sempre e soltanto nell’interesse della mia città - sbotta l’ex primo cittadino -. Ho la coscienza a posto e credo ancora nella legalità». Bosio parla anche degli appalti e delle presunte infiltrazioni mafiose a Bordighera: «Dal 2002 al 2011 - insiste - la mia amministrazione ha dato appalti per 30 milioni di euro». Alla famiglia Pellegrino (ora a processo per minacce ad alcuni ex assessori comunali) «solo il 2 per cento». E ancora: «Non avevamo interessi verso i Pellegrino, gli abbiamo affidato dei lavori in quanto gestiscono una grande ditta di movimenti di terra. Sono in regola anche con le certificazioni antimafia». Resta comunque l’amarezza per la decisione del governo: «Non sono mai stato condizionato da nessuno - conclude Bosio - e la mia amministrazione ha sempre agito nella più totale legalità».
Immediata la replica - al vetriolo - del Carroccio, affidata a Giulio Viale, ex assessore leghista del Comune: «Bordighera ha bisogno di stare tranquilla, e non di polemiche. Mi astengo dal commentare le parole del sindaco Bosio, ma ricordo che per decidere la sospensione del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose ci vuole il voto unanime del Consiglio dei ministri composto, ad oggi, da 12 ministri del Popolo della libertà e dal 3 della Lega Nord». Per inciso: Viale, padre del sottosegretario all’Economia Sonia Viale, si era dimesso nel 2010 dopo aver letto sui giornali stralci degli interrogatori resi da alcuni assessori al pubblico ministero che indagava su presunte infiltrazioni della ’ndrangheta nel governo del piccolo comune dell’Imperiese.
E mentre riecheggiano sempre le considerazioni, che non sembrano proprio un complimento, di Claudio Scajola - «I nostri nemici, nel senso di competitori elettorali sul territorio, sono quelli della Lega» -, un parente stretto dell’ex ministro dello Sviluppo economico che è appena tornato in campo alla testa della squadra di fedelissimi «Azzurri per la libertà» prende un’iniziativa che sembra un’entrata a gamba tesa. È Marco Scajola, rampante e impegnatissimo consigliere regionale del Pdl, nipote dell’onorevole Claudio, che assieme alla collega Roberta Gasco ha firmato un appello per la difesa delle politiche della famiglia e, quindi, contro i fendenti di scure e machete, imbracciati contemporaneamente dal ministro Giulio Tremonti. Il quale è formalmente Pdl, ma praticamente Lega. Marco e Roberta chiedono «un ripensamento all’esecutivo sul pesante taglio che verrebbe effettuato dal Governo per le politiche sulla famiglia che hanno creato lamentele e forte preoccupazione da parte del sottosegretario Giovanardi e di vari esponenti di centrodestra».

I due consiglieri regionali aggiungono inoltre che il ridimensionamento dei fondi destinati alle politiche delle famiglie è «troppo forte» e temono «che le amministrazioni guidate dal centrosinistra possano strumentalizzare la questione». Cortese sollecito agli alleati o nuovo siluro ai leghisti? Forse, solo un’altra baruffa fra conviventi...

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