Bovisasca, 500 donne e bambini cercano casa

Soluzione indispensabile per evitare che i nomadi occupino altre aree. De Corato: «Occorre collaborare»

Calcolatrice alla mano restano ancora 250 rom. Gli altri 550 della Bovisasca se ne sono andati, «allontanamento spontaneo» dice il vicesindaco Riccardo De Corato. Bilancio delle partenze che non tiene conto però degli arrivi. Già, nella favela cresciuta su un terreno impregnato di veleni e di sostanze chimiche, ogni giorno ci sono almeno cinque-sei famiglie rom che (ri)occupano le baracche lasciate libere. Conteggio degli operatori sociali che lavorano all’interno dell’insediamento e che, attenzione, promuovono lo spostamento dei rom ma solo «se concordato e condiviso».
Dettaglio non da poco, mentre De Corato preannuncia «nuovi interventi nei prossimi giorni per ribadire che l’obiettivo è la liberazione immediata e certa dei 60mila metri quadri dell’area». Ma il numero due di Palazzo Marino osserva che, nella conta dell’emergenza, ci sono sempre 280 bambini (e 200 donne) che si sono allontanati spontaneamente e che si dovrebbero ospitare: e poiché il Comune dispone di appena 35 posti ne restano 445 da sistemare, «incomprensibile che nessuno si faccia vivo. La Provincia di Milano non possiede forse degli edifici? E lo Stato non ha a disposizione aree e immobili?». Come dire: «Ad avere responsabilità e strutture sul territorio non c’è solo il Comune di Milano, ma anche gli altri enti che però non si fanno vivi». Latitanze ingiustificate anche secondo gli operatori sociali, che rinnovano insieme a De Corato la richiesta di un supporto concreto.
Risposta che non giunge da Palazzo Isimbardi, sede dell’amministrazione guidata da Filippo Penati, dove commenta Giovanni De Nicola (An), «si è però speso un milione di euro per l’acquisto tramite un’immobiliare di Sesto San Giovanni di alcuni appartamenti in quel di via Varanini, a due passi dalla stazione Centrale, che già ospitano una quarantina di rom». Replica che giunge invece dalla prefettura di Milano, dove una nota stampa dettaglia il «programma di controllo e di contenimento dell’area della Bovisasca» deciso dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica «presente anche il vice sindaco di Milano» per «evitare che un allontanamento realizzato in una sola volta potesse determinare un’emergenza sociale». Annotazione «di una scelta della gradualità che è responsabile e consapevole».
Virgolettato prefettizio di un modello Milano, dove si coniuga la legalità con la prevenzione dell’emergenza sociale. Ma per il Comune restano quei 280 bambini (e 200 donne) cui «il Tribunale dei minorenni reputa necessario dare accoglienza, senza separare i figli dalle mamme».

Soluzione abitativa indispensabile pure per evitare che gli ex della Bovisasca vadano ad occupare altri campi, altre aree sempre su Milano. E di questo la Provincia e il demanio dello Stato devono dare risposta. Altrimenti? «Pestiamo solo acqua nel mortaio» conclude filosoficamente De Corato.

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