Bpi divorzia dai «concertisti» Gnutti & Co.

Sciolto il patto di sindacato con gli alleati. Allo studio azione di responsabilità su Fiorani. Si avvicina la cessione delle quote

da Milano

Popolare Italiana scioglie il patto con i concertisti e rimuove così uno degli ultimi ostacoli alla chiusura dell’accordo per vendere la sua quota in Antonveneta agli olandesi di Abn Amro a 26,5 euro. Il comitato esecutivo di Bpi ha deciso di conferire il mandato al presidente Giovanni Benevento e all'amministratore delegato Giorgio Olmo per sciogliere il patto di sindacato con i concertisti e di sottoscrizione degli accordi di risoluzione dei contestati contratti di cessione delle minoranze alle società facenti capo a Emilio Gnutti, si legge in un comunicato. A questo punto Popolare italiana si trova le mani libere per proseguire nella strada che la porta fuori da Antonveneta e dalla difficile situazione in cui si è trovata insiema all’ex amministratore delegato, Gianpiero Fiorani.
Ma la cessione della quota detenuta in Antonveneta agli olandesi dell’Abn Amro è ancora sottoposta a una serie di nodi da sciogliere. Da un lato la Procura di Milano, quella che ha sequestrato i pacchetti alla ex Lodi e ai suoi «concertisti» (Gnutti, Ricucci, Coppola e i Lonati), insiste nel voler accertare prove di «discontinuità» tra la vecchia e la nuova gestione dell’istituto. Dall’altro gli stessi (ex) alleati hanno ingaggiato una disputa sul prezzo di cessione che per loro, grazie agli accordi di sindacato che si sostituirono al «concerto», potrebbe essere superiore ai 26,5 euro ad azione offerti dagli olandesi.
Il primo capitolo, magistrati e discontinuità, ieri ha visto materializzarsi qualcosa che da giorni aleggiava sul palazzo di Renzo Piano: un’azione legale contro l’ex monarca assoluto, Gianpiero Fiorani. Il consiglio ha dato mandato ai propri avvocati di verificare se ci siano i presupposti per intraprendere un’azione a tutela della banca, danneggiata dalla bufera che l’ha coinvolta. I pm, che nei titoli sequestrati e nelle azioni che potrebbero seguire il dissequestro hanno armi micidiali, vogliono una rottura totale tra la Popolare e il suo passato. Ieri Giorgio Olmo, l’amministratore delegato che ha assunto l’incarico dopo la sospensione di Fiorani (poi dimessosi), è stato ascoltato nel pomeriggio dai pm; la sua testimonianza era diretta a riscontrare come e quanto la banca abbia cambiato volto (e teste) e quanto quello nuovo sia autonomo da quello vecchio. In questo senso, il cda dell’altra sera potrebbe aver deliberato - ma non c’è conferma - anche la rimozione del direttore finanziario Gianfranco Boni dall’incarico dal quale è stato sospeso contemporaneamente a Fiorani.
I tempi rapidi si scontrano anche con gli interessi dei quattro ex alleati, anch’essi con le azioni congelate, che vogliono uscire dalla vicenda utilizzando tutti gli strumenti a loro disposizione. Il braccio di ferro è in corso: gli uni tendono a massimizzare la propria uscita, la banca, che ha finanziato in parte i loro acquisti, sembra intenzionata a usare anche l’arma della richiesta del rientro dei finanziamenti.
Ieri negli uffici della Procura c’è stato anche un nuovo incontro tra i legali della Popolare e quelli di Abn. Un ulteriore segnale che la trattativa sta andando rapidamente avanti. Ieri i legali di Stefano Ricucci hanno presentato un’istanza al tribunale del riesame chiedendo il dissequestro del pacchetto in suo possesso.

In realtà gli avvocati sono concentrati sul dopo-dissequestro, e stanno lavorando per evitare che poi venga congelato tutto il controvalore. La ricerca di compromesso sta nel sequestro delle sole plusvalenze, meglio se depurate delle spese relative a commissioni e interessi sui finanziamenti.

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