Bpm, guerra tra i sindacati Spunta l’ipotesi referendum

Ora gli insider della Popolare di Milano attendono solo le bacchettate di Bankitalia. Tra qualche settimana gli ispettori che per 6 o 7 mesi hanno frequentato Piazza Meda dovranno presentare il loro rapporto. Tradizionalmente gli uomini di Via Nazionale non sono mai stati teneri con la governance dell’istituto. Adesso potrebbe esserci un motivo di malumore in più: l’iniziativa dei sindacati maggioritari che hanno chiesto al presidente Massimo Ponzellini la testa del direttore generale Fiorenzo Dalu. Un confronto culminato la settimana scorsa con un faccia a faccia tra vertici dell’Associazione Amici di Bpm e lo stesso Ponzellini. A conferma, sostengono i critici, dell’anomalia della banca, in cui i soci dipendenti non sempre sembrano accontentarsi della rappresentanza in cda.
A muovere le acque è stata la spaccatura della Fisac-Cgil: un folto gruppo di iscritti (si parla di oltre 400 persone) guidati da alcuni leader storici, sono passati alla Fiba-Cisl. Da qui l’aumento della conflittualità tra i sindacati alla ricerca di nuovi equilibri reciproci, e da qui la lotta a Dalu (considerato vicino ad alcuni defezionisti), che per il momento sembra aver incassato la fiducia di Ponzellini. Una nuova tappa del confronto sindacale ormai aperto è prevista domani con la riunione dell’assemblea dei delegati dell’Associazione Amici. Nel corso della riunione dovrebbe essere affrontata la proposta di indire un referendum (la data ultima prevista per la decisione è il 31 marzo). La consultazione degli iscritti riguarderebbe temi tecnico-elettorali, ma tra i quesiti farebbe capolino anche un’altra ipotesi, valutata in un parere tecnico chiesto a un professionista consulente dell’istituto: quella di posporre di un anno le consultazioni dell’Associazione, previste per il prossimo autunno.
Le conseguenze sarebbero significative: al rinnovo dei vertici della banca, nel 2012, si arriverebbe con gli attuali equilibri. E non a caso a opporsi alla decisione è proprio la Fiba-Cisl, destinata a non trarre beneficio dall’aumentato peso.
Sullo sfondo c’è la situazione della banca, che si prepara a decisioni importanti: al centro del comitato esecutivo dell’altro ieri (e se ne parlerà di nuovo in un vertice dei consiglieri di lunedì e poi nel cda di martedì) ci sono state le esigenze di capitalizzazione. I progetti sul tavolo, almeno all’inizio, erano due. Il primo prevedeva la creazione di una «banca unica» con la fusione nella casa madre delle controllate Banca di Legnano, Cassa di Alessandria e Pop Mantova. L’esito finale, sarebbero stati risparmi di costi e un allentamento dei requisiti patrimoniali. Ad avanzare l’ipotesi per primo è stato Ponzellini che però sembra averla abbandonata dopo aver verificato la contrarietà dei sindacati, spaventati dai possibili esuberi di personale.

Dovrebbe dunque imporsi la soluzione numero due: un aumento di capitale a cui sta lavorando Mediobanca, che assumerebbe anche la guida del consorzio di garanzia. Quanto all’ammontare la cifra (600 milioni) sarà di poco superiore ai Tremonti Bond da rimborsare entro due anni.

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