Brega Massone tra 7 giorni può tornare libero

L’ultimo assaggio di libertà è vecchio di quasi un anno. Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita condannato giovedì notte a 15 anni e mezzo di reclusione, era uscito da San Vittore il 4 novembre dello scorso anno. Una breve parentesi. Perché già nel dicembre successivo, il tribunale del Riesame aveva annullato il provvedomento del gip Micaela Curami, e la parola fine l’aveva messa la Cassazione nell’aprile scorso. Brega - scriveva la suprema Corte - doveva tornare in cella per le «gravissime condotte di inquinamento perpetrate durante le indagini». Ora, però, chiuse le indagini e finito in processo, quelle esigenze cautelari sono venute meno. E, soprattutto, tra una settimana scadranno i termini della carcerazione preventiva. Brega, dunque, potrebbe prendere parte al processo d’Appello da libero, senza cioè l’incubo di aspettare la sentenza di secondo grado dalla casa circondariale. E tuttavia, il quadro non è così scontato. Nei confronti del medico, infatti, non ci sono solo gli 80 casi di lesioni accertati dalla quarta sezione del tribunale, ma altri quattro episodi ben più gravi, e sui quali sta ancora indagando la Procura.
Si tratta di un fascicolo stralcio aperto dai pubblici ministeri Grazia Pradella e Tiziana Siciliano - titolari dell’inchiesta che ha portato alla sentenza di tre giorni fa -, che hanno ipotizzato il reato di omicidio per la morte di quattro pazienti della casa di cura di via Jommelli, operati proprio da Brega Massone. Un altro fronte, dunque, che rischia di avere ripercussioni sulla situazione giudiziaria del medico. La chiusura dell’inchiesta-bis, infatti, potrebbe definire nuove responabilità dello staff che lavorava nella casa di cura, e portare il chiururgo nuovamente in cella, dove ha già scontato 23 mesi di carcerazione preventiva. Ed è un’ipotesi che spaventa innanzitutto i familiari del medico. «È quello che temiamo - spiegava già all’indomani della sentenza la moglie Barbara Magnani -, ma noi siamo convinti della sua innocenza. Perhé non potrebbe rimanere ai domiciliari? Non c’è pericolo di reiterazione del reato, dove mai potrebbe riprendere a fare il chirurgo?». I giudici, quindi, dovranno valutare il rischio di inquinamento delle prove e il pericolo di fuga. In attesa della sentenza d’Appello e di un’eventuale nuova richiesta di rinvio a giudizio per le accuse di omicidio, in altre parole, Brega potrebbe far perdere le proprie tracce. Un’eventualità che la moglie Barbara nega con fermezza. «Il suo unico desiderio è di stare con la famiglia e con la figlia che ha 8 anni e per due anni, da quando ha iniziato la scuola, non ha visto crescere».


E a rischiare di finire sotto inchiesta, anche se «solo» per truffa, sono Lucia Nergroni e Giuseppe Ferraro, l’ex direttore sanitario e uno dei chirurghi della clinica. Il tribunale, infatti, ha inviato alla Procura le loro posizioni per svolgere nuove indagini.

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