Della vittoria di Donald Trump gioisce anche l'eterno Clint Eastwood, che si è preso una doppia rivincita. Non solo nelle urne, lui Repubblicano (anzi, conservatore e, di conseguenza, libertario) convinto (vi ricordate l'attacco alla «pussy generation»?), fin dal 1951, quando si iscrisse nel registro del partito, ma anche in sala. Lo scorso 23 ottobre, sul Telegraph, è uscito un articolo, firmato da Alexander Larman, dal titolo emblematico: «Perché i liberali di Hollywood stanno punendo Clint Eastwood per le sue idee politiche». Al centro del pezzo, il nuovo film dell'eterno ragazzo, 94 anni all'anagrafe, dal titolo Giurato numero 2, da noi visibile dal prossimo 14 novembre, ma già distribuito in alcuni Paesi europei, come Spagna, Francia (dove abbiamo potuto vederlo in anticipo) e Regno Unito. Certo, ci dovrebbe essere anche l'America, se non fosse che, secondo la tesi del giornalista, il film sarebbe stato quasi «ignorato» dalla distribuzione Warner. In effetti, non è che ci abbiano creduto più di tanto, con un'uscita simbolica ristretta a meno di cinquanta schermi cinematografici e per solo una settimana di programmazione (oggi dovrebbe essere l'ultimo giorno nelle sale americane) che, almeno, ha evitato l'imbarazzo di far debuttare la pellicola direttamente in streaming. Sarà un caso che Clint abbia disertato la prima del film? Chi se l'è perso, si metta il cuore in pace e lo vedrà in VOD. «In una città in cui essere democratico è praticamente un obbligo, il repubblicanesimo liberale di Clint Eastwood (si è descritto come un socialista liberale e un conservatore fiscale) lo ha contrassegnato come una figura in qualche modo problematica», ha scritto Larman. Ora, affermare che la Warner non abbia creduto nel film per punire le idee di Eastwood è una provocazione; probabilmente, ha pesato il risultato economico di Cry Macho. E' certo, però, che liquidare il canto del cigno, di uno dei più grandi attori e registi mondiali, ad un'uscita di scena dallo sgabuzzino, è ingiustificabile, soprattutto considerando quanto ha fatto guadagnare, dal 1975, alla casa dello scudo dorato. Anche perché in quei pochi giorni e sale dove ha trovato accoglienza, gli incassi hanno sorriso a Giurato numero 2. Si parla di una cifra, in tre giorni, di circa 275mila dollari negli Usa, in 35 sale. Senza parlare del mercato internazionale, con 5 milioni di euro al debutto, 3 dei quali nella sola Francia. Oltretutto, il film piace alla critica (91%, su Rotten Tomatoes) e agli spettatori (92%), due variabili che, spesso, viaggiano su binari diversi, convincendo, probabilmente, la Warner a sostenerlo in vista degli Oscar 2025, con una piccola campagna promozionale. Di cosa parla il 40esimo film da regista di Eastwood? Un legal thriller intrigante con protagonista un ottimo Nicholas Hoult, nei panni di Justin Kemp, un giornalista, con un passato da alcolizzato e una moglie con maternità a rischio, che viene chiamato a far parte di una giuria popolare, come giurato numero 2. Sul banco, un giovane, con fedina penale sporca, accusato di aver ucciso la compagna, ritrovata, in una notte piovosa, morta, a bordo strada, dopo un furente litigio al pub. Insomma, il colpevole designato, soprattutto per il procuratore (Toni Collette) con ambizioni politiche. Solo che Justin, la stessa notte, aveva investito, al buio, nel medesimo punto, quello che, inizialmente, pensava fosse un cervo. E se fosse stata, in realtà, la donna? Che fare? La sua morale lo spinge, inizialmente, tra i giurati, a difendere quello che solo lui considera un innocente. Solo che ciò porterebbe smascherare il suo probabile omicidio. Più aiuta, insomma, più si affossa. Come finirà? Clint non lesina una sottile accusa al sistema giudiziario americano, che si affida a giurati che potrebbero condannarti per dei preconcetti, ricavandone un dramma che si regge, divinamente, sulla tensione tra moralità e giustizia. Come per il procuratore, che intuisce una verità che potrebbe danneggiare la sua candidatura. Anche sulla polizia, la riflessione di Clint è critica, affidata al personaggio di JK Simmons: «La polizia segue le prove, trova il suo sospettato, costruisce il caso. Se sono sicuri di avere individuato il loro individuo, ignorano ogni altra cosa che possa aiutarli. Smettono di fare domande. Non è intenzionale.
Pensano di fare la cosa giusta e non guardano a ciò che possa comprometterla». Uno dei film più belli della sua strepitosa carriera, dal ritmo perfetto, dove nessuno esce impunito, con interpretazioni da applausi. Clonate Clint, please.
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