Bush affida la guerra al terrorismo al Rommel che ha riconquistato l’Irak

Il re della controguerriglia vola sempre più in alto. Dopo la «rimonta» irachena e le sconfitte inferte ad Al Qaida il generale David Petraeus è pronto a trasferirsi al comando centrale delle Forze armate di Tampa, in Florida, per assumere, a fine estate, il controllo di tutte le operazioni militari americane in Asia Centrale, Medio Oriente e Corno d’Africa. La promozione, annunciata ieri dal segretario alla Difesa Robert Gates, trasforma il generale più amato da George W. Bush nel «regista» del grande risiko mediorientale. Kabul e Teheran saranno, da questo punto di vista, i dossier che occuperanno più spazio sulla sua nuova scrivania. Spetterà a Petraeus inventarsi nuove ricette per sgominare le offensive talebane in Afghanistan e definire una strategia vincente in caso di guerra aperta all’Iran.
In Afghanistan le forze della Nato e i vari contingenti americani operano da oltre un anno in uno stato d’impasse limitandosi a contenere l’infiltrazione talebane dal Pakistan. Petraeus dovrà inventarsi una nuova «rimonta» capace di riconquistare l’anima e la mente degli afghani oltre a rinsaldare l’alleanza con i vertici militari di Islamabad per colpire i santuari di Al Qaida e talebani nelle aree tribali pakistane. Il vero nodo gordiano del nuovo incarico di Petraeus sarà, però, la strategia da seguire in caso di scontro diretto con l’Iran. Se la corsa al nucleare di Teheran non si fermerà il bombardamento dei siti atomici, per mano di Washington o dell’alleato israeliano, innescherà inevitabilmente un confronto armato su territori molto più ampi. Il fronte attivo, in questo scenario, spazierà dal territorio e dalle coste iraniane a quelle zone d’Iraq e Libano dove Teheran manovra le milizie sciite e il Partito di Dio. In questo contesto Petraeus avrà il non facile compito di difendere Israele e allo stesso tempo respingere eventuali attacchi missilistici contro le proprie basi e i propri alleati arabi in tutto il Medio Oriente. Come se non bastasse dovrà essere pronto ad affrontare una guerra di lunga durata con forze già messe a dura prova dall’impegno iracheno.
Il destino di futuro «nemico numero uno» di Teheran è scritto, del resto, nel balletto di poltrone che sposta il generale Petraeus da Bagdad a Tampa. L’ammiraglio William Fallon, suo predecessore, lasciò il Comando centrale di Tampa a marzo dopo una serie di duri scontri con la Casa Bianca sulla questione iraniana. Contrario a qualsiasi attacco diretto a Teheran Fallon disegnò una strategia considerata arrendevole e inefficace dallo staff di George W. Bush. Petraeus durante i 16 mesi trascorsi sul fronte iracheno non ha invece esitato a denunciare le interferenze di Teheran arrivando ad ordinare la cattura e la detenzione di numerosi ufficiali della Brigata Al Quds, le forze speciali dei Guardiani della Rivoluzione responsabili di tutte le operazioni oltreconfine. Con questo viatico alle spalle il generale è considerato l’erede sul campo di George W.

Bush e, al tempo stesso, l’uomo più adatto per definire una strategia in grado di contenere non solo Teheran, ma anche le milizie sciite in Irak, i guerriglieri di Hezbollah in Libano e tutti gli altri alleati del regime degli ayatollah.

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