«Buttare le riforme sarebbe un segnale di immaturità»

Il segretario della Cisl Bonanni: «Per battere la precarietà servono salari più alti e tutele»

«Buttare le riforme sarebbe un segnale di immaturità»

Antonio Signorini

da Roma

Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, ha trovato punti di contatto tra la posizione del suo sindacato e la relazione di Montezemolo?
«C’è la volontà di usare la politica concertativa per tirare il Paese fuori dalle secche. Poi lui, soprattutto quando parla di cuneo fiscale, pensa solo alle imprese. D’altro canto, se non lo fa lui...».
I sindacati come rispondono?
«Più salario e più tutele; più salario e più tutele. Lo ripeto due volte perché deve essere chiaro che è interesse di tutti avere salari più alti, visto che solo così si rilanciano i consumi. Dire più tutele significa dimostrare che la precarietà non viene dal pacchetto Treu e dalla Legge Biagi, provvedimenti che hanno semmai dato un contributo a rendere meno precarie le forme di lavoro flessibili. Ora per questi lavoratori servono protezioni, come la maternità, la cassa integrazione...».
Quindi lei è d’accordo con Montezemolo quando dice che non bisogna smantellare le riforme del precedente governo?
«Ero tra quelli che hanno applaudito questo passaggio. Buttare le riforme sarebbe un segno di immaturità. Significherebbe sostituire la democrazia dell’alternanza con quella dell’alternativa. Poi, per le politiche del lavoro, io una soluzione per blindare le riforme ce l’ho: bisogna farle fare alle parti. Tutti parlano di Zapatero. Ecco, lui ha mandato il suo ministero del Lavoro ad assistere le parti sociali in una trattativa durata 14 mesi e poi ha recepito il punto di equilibrio raggiunto a quel tavolo».
Con i sindacati italiani forse è più difficile. Sulla riforma della contrattazione, ad esempio, Montezemolo ha chiesto a Cgil, Cisl e Uil di trovare un accordo...
«Io avrei preferito che avesse preso posizione avanzando una proposta precisa. Altrimenti cresce il sospetto che su questo si stia muovendo im modo pilatesco».
Visto che la Cgil non vuole cambiare sistema basato sul contratto nazionale, significa che non farete la riforma?
«Io mi auguro di no».
Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha osservato una certa freddezza degli industriali su certi passaggi dell’intervento di Montezemolo. Ha parlato di una base «più arretrata» rispetto al presidente. È d’accordo?
«Noi siamo contrattualisti e ci interessano gli umori della base confindustriale. È con loro, nelle aziende, che ci troveremo a fare le trattative e non li possiamo ignorare. D’altro canto nessuno può scegliersi la controparte».
Montezemolo ha ricordato i famosi accordi tra sindacati e la Confindustria tedesca che prevedono più ore lavorate a parità di salario. È una strada percorribile?
«Vorrei ricordare a Confindustria che in Germania i servizi costano il 20 per cento in meno rispetto all’Italia. Loro hanno liberalizzato e noi solo privatizzato, passando da monopoli pubblici a monopoli privati. Ho sentito parlare di nuove privatizzazioni, invece bisognerebbe capire cosa è successo alle vecchie. A me pare che siano state favorite certe famiglie invece del Paese».


Ha apprezzato il passaggio sull’evasione fiscale?
«Le tre confederazioni hanno deciso di lanciare una campagna contro l’evasione fiscale e contributiva. Vogliamo chiedere l’introduzione di premi per chi si comporta bene. E un certificato per chiunque prenda contributi pubblici o abbia commesse da parte dello Stato».

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