Per Butti (Pdl) e Garavaglia (Lega) la nuova norma è una forzatura

Roma E lo chiamavano abbonamento. Ora ci si mette pure Monti a far aumentare il rimpianto per la Rai del passato, quella in bianco e nero, quella che ti sorrideva senza chiedere tasse. Riassumiamo la questione. Entro fine marzo cinque milioni di aziende riceveranno il bollettino per il pagamento del canone speciale, in quanto - detta il regio decreto legge del 21 febbraio 1938 - in possesso di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell’ambiente di casa. Dunque, canone anche per chi ha un pc, uno smartphone, un tablet. Presi. Con le nuove tecnologie basta un telefonino che si collega a internet per poter guardare la tv in streaming, magari con chilate di pubblicità della Rai. Per capire, ogni azienda dovrà versare dai 200 ai 6.000 euro all’anno: un totale di 980 milioni di euro per un personal computer che dovrebbe servire per lavorare più che a guardare qualche puntata persa di Don Matteo. Naturalmente l’aria che si respira è quella che precede un’evasione record.
Ma è sul web, termometro sociale, che monta la protesta. Su Twitter l’hashtag «raimerda» ha conquistato la vetta della classifica dei Trending Topics (TT), gli argomenti di tendenza. La denuncia era stata fatta nei giorni scorsi da «Rete Imprese Italia» ma evidentemente lo spot relativo a questo nuovo obbligo, trasmesso durante le cinque serate di Sanremo, ha fatto salire lo share del dissenso. Non manca, però, l’ironia: «Ho un orologio Casio, quello col quadrante digitale e coi numeri grossi, devo pagare il canone?», «L’altro giorno ho visto un manifesto per una fiction Rai, devo pagare un canone per gli occhi?». Tra i tweet in questo flusso di discussione quelli che legano l’argomento a Sanremo («il festival è stato lo specchio di una Rai non in grado di offrire una tv di qualità...»).
Quanto ai politici c’è unità di intenti come neanche durante un mondiale di calcio. Parte Alessio Butti, capogruppo Pdl in commissione vigilanza Rai: «La richiesta del pagamento di questo canone costituisce una forzatura normativa riguardo alla quale mi auguro che il governo faccia chiarezza, la Rai, basandosi su quanto previsto dall’articolo 17 del decreto cosiddetto “salva Italia” sta applicando una norma con l’evidente finalità di fare cassa a danno delle imprese. In un contesto economico così delicato auspico l’intervento del ministro Passera, affinché contribuisca a sciogliere i dubbi individuando la tipologia di apparecchi che determinano l’obbligo o meno del pagamento del canone».
Aggiunge il leghista Massimo Garavaglia, vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato: «Stupisce la sorpresa per il balzello introdotto da Monti a carico di tutte le imprese relativo al canone Rai, cosa già nota da Natale ma nel clima di euforia per l’avvento del governo Monti passata nel dimenticatoio. Ogni settimana avremo sorprese di questo tenore.

Per esempio gli agricoltori sanno di dover pagare l’Ici sulle stalle e i ricoveri dei trattori? Questo, per la Lega Nord è solamente l’inizio. Purtroppo certi giornalisti di economia, troppo presi nell’incensare questo nuovo governo tecnico, non avevano letto bene le carte...».

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