BUTTIAMO GIÙ I PALAZZI BRUTTI

È questa l’occasione nella quale, rispetto alla mancanza di idee precise, altro che per lo sviluppo economico, maturate nel Consiglio dei ministri, avrei voluto essere vicino a Silvio Berlusconi per sostenere, con gli argomenti che qui esporrò, la straordinaria bontà del suo «piano casa».
All’annuncio già stigmatizzai il paradossale appello di tre cattivi maestri che denunciavano il rischio di cementificazione, avendo partecipato allo sfregio dell’Italia negli ultimi decenni, Massimiliano Fuksas, Gae Aulenti e Vittorio Gregotti. Mi ero limitato a indicare le loro contraddizioni. Oggi il mio concittadino Dario Franceschini giustamente evoca il rischio di devastazione, di imbruttimento, di ulteriore mortificazione della bella Italia con una cementificazione indiscriminata, senza regole. Il suo richiamo può essere condiviso, ed è significativo che si sia preoccupato anche il presidente della Repubblica. Io stesso qualche anno fa, davanti allo sfacelo dell’edilizia degli ultimi cinquant’anni, denunciai lo sfacelo nel libro «Un paese sfigurato».
La buona volontà e l’attivismo del presidente del Consiglio che hanno determinato la proposta, dev’essere guardato alla luce dei suoi interventi a Milano 2 e in Sardegna. Con il giudizio di chi sa che la stessa cosa si può fare bene o fare male. Se mi avesse consultato gli avrei detto quello che ho comunicato qualche sera fa al ministro Ignazio La Russa: occorre un piano per rendere più bella l’Italia, questa è la premessa.
È l’uovo di Colombo. Occorre un «piano case brutte». Constatare che l’edilizia dalla fine degli anni Cinquanta a oggi, cinquant’anni, in coincidenza con la fondazione di Italia Nostra, grido disperato davanti alla cementificazione, è disastrosa e ha devastato l’Italia. L’ultimo esempio di architettura classica, quasi simbolicamente è la villa Volpi di Misurata a Sabaudia, eretta nel 1959 come un tempio greco o un’architettura palladiana. Di lì in avanti inizia la catastrofe.
La norma di Berlusconi che può essere limitata agli appartamenti in edifici e condomini di proporzioni abnormi, già mostruosi e fuori scala (il premier ha fatto riferimento a monolocali e bilocali, e anche a ville e villette) avrebbe dovuto indicare, o dovrebbe indicare, non solo un aumento delle cubature del 20 per cento per chi amplifica e del 35 per cento per chi abbatte e ricostruisce, ma anche a un abbellimento delle architetture costruite sommariamente e senza alcuna forma nei nuovi quartieri e nelle periferie delle città e dei paesi italiani.
Si pensi all’orrore del ferro di cavallo a Perugia, o alla parte nuova di luoghi bellissimi come Ruvo, Lecce, Termoli. Alla periferia di Napoli; ma anche a Firenze, all’area da Peretola verso il centro dove da trent’anni si sta costruendo il più brutto palazzo di giustizia del mondo, indecente opera dei lavori pubblici come fu il palazzo di giustizia a piazzale Clodio a Roma, come fu la pretura di Sorrento, come è il nuovo tribunale di Palermo o quello di Siracusa, o il municipio di Bovalino. Strutture mostruose costruite con i soldi dello Stato.
E, oggi, la bella città di Figline Valdarno è minacciata dalla costruzione di un ecomostro che sorge sulla rovina della bella scuola Lambruschini. Un delitto che il presidente della Regione Toscana, in prima fila contro il piano case Berlusconi, ha tollerato senza battere ciglio, come le orride pale eoliche a Scanzano, e ora minacciate anche a Volterra. Franceschini e i suoi gridano contro Silvio Berlusconi, ma non hanno detto una parola contro i parchi eolici impiantati dalla mafia per distruggere il paesaggio siciliano tutelato dalla Costituzione richiamata sia dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che da Franceschini.
Perché è consentito costruire architetture devastanti per una nuova sede comunale con una sproporzionata torre civica al sindaco Riccardo Nocentini senza che nessuno denunci lo stupro per il Valdarno?
Berlusconi avrebbe dovuto o dovrebbe potenziare la tutela per i centri storici o per le città d’arte anche rispetto alle opere pubbliche e indurre i privati non solo ad allargare, ma a migliorare gli edifici degli ultimi cinquant’anni, una straordinaria quantità con un piano facciate o vere e proprie ricostruzioni così che fosse più tutelato il bello e parzialmente bonificato il brutto. Giacché il bello può soltanto peggiorare, il brutto può soltanto migliorare. L’ottimo è nemico del bene, allo stesso modo possiamo dire che soltanto chi sta male può stare meglio. Sulla base di questi principi, l’annuncio del governo avrebbe dovuto essere rassicurante, stabilendo che nessuno può ampliare edifici storici, ma soltanto convenientemente restaurarli. Ma se io aumento di un piano un condominio di tredici piani o estendo l’area di una villetta in periferia, posso anche adeguarla al gusto del nostro tempo che è cresciuto rispetto agli anni Sessanta e Settanta anche con una maggiore consapevolezza culturale.
Alcuni paesi d’Italia, come in Sicilia, sembrano con costruzioni in cemento armato sospese o abbandonate, località del Kosovo o della Serbia dopo i bombardamenti. E consentire interventi migliorativi non vuole dire solo concedere cubature superiori e più ampi spazi, ma anche pretendere nuovi prospetti, piani del colore, regolarizzazioni delle quote. È semplice, l’intervento vastissimo si può limitare alle costruzioni degli ultimi cinquant’anni.

Berlusconi ne deve chiedere l’inventario, così come lo si ha dei beni vincolati e decretarne, con urgenza, uno straordinario di abbellimento delle case brutte. Nessuno potrà contrastarlo, tanto più se vieterà qualunque intervento sugli edifici e nei centri storici.

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