Caccia grossa ai falsi invalidi In 15mila truffavano l’Inps

CASSA La revoca delle indennità fasulle dovrebbe portare a un risparmio di 100 milioni

Finora ne hanno scovati 15.600. Volti come i loro, resi irriconoscibili dalla sgranatura digitale, li avevamo visti - o meglio intuiti - in tanti servizi mandati in onda dai diversi tg, seriosi o satirici che siano. Eppure ci sarebbe ben poco da sorridere. Perché dietro a quei quadratini sfocati che celano i lineamenti di sedicenti ciechi alla guida di rombanti vetture o di presunti semiparalitici campioni di rumba e paso doble, ci sono i volti di altrettanti truffatori. Due volte truffatori. Nei confronti dello Stato, al quale sottraggono risorse che non meritano. E ancor peggio nei confronti di chi, a differenza loro, di ricevere quei sussidi ne ha o ne dovrebbe avere pieno diritto.
Sono comunque uno su otto gli invalidi risultati falsi che quest’anno si sono visti revocare l’immeritato assegno mensile: ovvero il 13% del campione finora verificato, pari al 60% dei 200mila controlli previsti. Questi, almeno, i risultati emersi dalle verifiche straordinarie svolte dall’Inps a partire da maggio. Un lavoro di indagine e screening che proseguirà anche nel 2010 con una serie di ulteriori 100mila verifiche, anche reddituali. Lavoro che in base ai calcoli dell’istituto nazionale di previdenza dovrebbe portare a un risparmio superiore a 100 milioni di euro.
Si tratta a tutta evidenza di un lavoro doveroso, rivolto com’è quantomeno a tentare di ridurre, se non proprio a eliminare del tutto, un odioso malvezzo. Lavoro che tuttavia richiede al contempo una scrupolosità maggiore proprio per evitare di fare di tutta l’erba un fascio, per evitare il rischio di penalizzare, per eccesso di zelo, chi non lo meriterebbe. Questo perché, come tiene a precisare il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, «a me non interessa tanto scoprire quei 13 scorretti, quanto garantire il loro sacrosanto diritto al sussidio agli 87 veri invalidi che lo meritano». Scrupolo che, al di là di quello doveroso nella fase dei controlli, «dovrà essere sempre più riservato proprio a garantire ai veri invalidi procedure certe e soprattutto tempi rapidi nell’erogazione. Perché non è ammissibile che ancora oggi - aggiunge il presidente - a una percentuale altissima di malati oncologici la pensione arrivi soltanto dopo la morte».
Proprio al fine di evitare da un lato sviste o «dimenticanze» costose per la comunità, e dall’altro a scongiurare giustizie sommarie, dal prossimo anno sarà attuata quella che Mastrapasqua definisce «un’autentica rivoluzione» di tipo procedurale. Scendendo nel dettaglio, a partire dal 1° gennaio 2010 entreranno in vigore le norme previste dal decreto anti crisi dell’agosto scorso. Norme che contengono una sostanziale differenza. «D’ora in avanti - spiega Mastrapasqua - le domande di sussidio andranno trasmesse per via telematica all’Inps, che a sua volta le passerà poi per competenza, con lo stesso mezzo, alle rispettive aziende sanitarie competenti per territorio. A questo scopo, l’istituto nazionale di previdenza schiererà sul campo i propri quasi 700 medici nelle commissioni Asl».
L’obiettivo di fondo è quello di ridurre drasticamente (oltre che la cartaccia) il numero medio dei giorni necessari per l’erogazione. O meglio, quantomeno di riuscire a uniformarlo a quello delle regioni che sotto questo profilo, con 120 giorni, si sono rivelate le più efficienti e virtuose. E proprio quei 120 giorni dovrebbero diventare l’auspicabile standard da raggiungere in tutta Italia, con una sorta di «federalismo» procedurale.
Si tratta di un lavoro che in alcune zone del Paese, in particolare al Sud, dove peraltro si concentra la più alta percentuale di invalidi civili, non risulterà certamente facile. Basti dire che esistono regioni in cui la media si aggira sui 600 giorni, con il record negativo della Sicilia dove il «parto» di una pratica di invalidità richiede addirittura 26 mesi. La necessità di tempi più veloci non costituisce peraltro una mera questione di decenza amministrativa, bensì anche di costi a carico dell’Inps, chiamato infatti a pagare una mora su ritardi di cui non è il responsabile, semmai una delle vittime.
L’altra novità - e sembra stare molto a cuore a Mastrapasqua - è che una volta concesse le invalidità, i successivi controlli a campione possano essere eseguiti con un criterio incrociato. Nel senso che i medici Inps di una regione sottoporranno al loro vaglio le valutazioni fatte dai colleghi di un’altra.

«Non sarà una questione di Nord contro Sud - tiene a precisare il presidente dell’Inps -. Questa procedura contribuirà invece a stabilire degli standard nazionali». E i tempi? «Noi siamo già pronti a partire, anche dal prossimo primo gennaio».

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